BORGO ANTONINO CASCINO

TIPO DI BORGO — A

progettista — Giuseppe Marletta

data di progetto — 1940

località — c.da branciforti

stato di conservazione — ristrutturato

Borgo Cascino fa parte della prima serie di borghi rurali voluti dall’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS) per spezzare i vasti latifondi siciliani. In attuazione della Legge n.1 del 2 gennaio 1940, si decise attraverso il R.D. n.1976 del 9 Dicembre 1940 di attribuire al Borgo il nome del Maggior Generale Antonino Cascino medaglia d’oro, morto durante la Prima Guerra Mondiale 1915-1918. Oggi, una targa ne ricorda le gesta come «nobile figura di condottiero e di soldato, diede costante e mirabile esempio di ardimento e di valore alle truppe della sua divisione, recandosi a condividere con esse, sulle prime linee, tutte le vicende della lotta. Gravemente ferito da proiettile nemico, volle ancora mantenere il comando, finchè ebbe assolto il suo compito della giornata, stoircamente sopportando il dolore della ferita, che poi lo condusse a morte».
In data 9 dicembre 1940, «veduti i pareri espressi dal podestà di Enna e del Rettorato della provincia di Enna con le rispettive deliberazioni in data 16 e 14 novembre 1940-XIX; Veduto l’art. 266 del Testo Unico della legge comunale e provinciale approvato con Nostro decreto 3 marzo 1934-XII, n. 383; Sulla proposta del DUCE del Fascismo, Capo del Governo, Ministro per l’Interno» si rendeva effettiva la nuova denominazione, pubblicata in G.U. n.40 del 15 febbraio 1941. Da notare come nello stesso documento si trovino provvedimenti analoghi per Borgo Gattuso e Borgo Rizza.
Realizzato su progetto del 25 gennaio 1940 dall’architetto catanese Giuseppe Marletta, per una spesa di 1.221.854,91Lire compresa l’aliquota del 14% per spese generali e oneri vari – secondo l’Art. 2 della Legge 1/1940 la spesa si riduceva a 970.102,47Lire a totale carico dello Stato – e affidato all’Impresa Muratori Riminesi – la stessa di Borgo Gattuso\Petilia – il centro sorge su una collinetta in Località Branciforti, territorio di Enna «in sinistra della strada N° 122 che da Enna conduce a Caltanissetta», per servire i P.R. 19 – 406 – 772 – 749 – 278 – 295 – 100 – 104 – 289 per una estensione di 687Ha. Maria Accascina descriveva la terra come «più spietate, rugata da mille rughe al tempo dei solchi e a Luglio oceanica conca di spighe arsa dal sole, senza casa nè alberi, dove l’uomo si fa la sua ombra».
Da quanto riportato dalla relazione n.3166 del 5 marzo 1940 redatta dal Comitato Tecnico Amministrativo del Provveditorato OO.PP. di Palermo, Borgo Cascino si sarebbe esteso «attorno ad una piazza di forma pressoché quadrata» che avrebbe ospitato i «seguenti edifici pubblici: Scuola, Ufficio Postale, Caserma dei CC. RR., Uffici dell’Ente, Chiesa con annessa canonica, dispensario Delegazione Podestarile, Fascio Sindacati, G.I.L., O.N.D». Inoltre, erano pianificate «tre case per artigiani, una trattoria con rivendita di generi diversi ed una torre destinata ad ospitare il serbatoio dell’acqua potabile. Sono previste anche le fognature e la sistemazione della piazza con bitumatura». Il Borgo avrebbe accolto e abbracciato chi entrava nella piccola piazza, fulcro vitale di ogni attività. Giardini e porticati erano gli unici elementi che avrebbero guardato verso le campagne circostanti. Per «distruggere il suggerimento di clausura medioevale che il chiuso borgo poteva generare», si utilizzarono «colori chiari e quasi primaverili […]. In contrasto col pacato pittoricismo della colorazione, sono le cornici a forte rilievo fatte con pietra da taglio». Queste le parole dell’Accascina in un articolo sui borghi di Sicilia del Maggio 1941 per la rivista Architettura diretta da Marcello Piacentini.

La relazione, dunque, si concludeva con parere favorevole al progetto del Marletta – in cui non era compresa la strada di accesso realizzata dall’Ufficio del Genio Civile di Roma – ma fu necessario considerare in primo luogo l’impossibilità dell’uso del «cemento armato e […] la possibilità di eliminare anche i solai in cemento armato misti a laterizi» e, in secondo luogo, migliorare «i progetti degli edifici, in genere, ai quali bisognerà dare, pur mantenendo la massima semplicità, un più gradevol aspetto, evitando fra l’altro, come ora si riscontra, muri pieni con qualche sola piccola finestra ad una estremità; ed evitando altresì delle discordanze con le piante, come per il progetto posteriore della casa del Fascio». Queste accortezze stilistiche, furono descritte in “Progetti dei Borghi nella Mostra Rurale di Palermo”, articolo scritto per il numero del 4 febbraio 1940 del Giornale di Sicilia dalla stessa Accascina in cui si elogiava l’opera di Marletta perché capace di «parlare al popolo con semplicità eletta se l’opera ideata è sostenuta da un afflato spirituale».
Il 3 giugno 1940 viene emesso il D.M. n.4891 con cui si consegnava la gestione dei lavori all’Ente di Colonizzazione del Latifondo per una spesa di 970.102,47Lire compresa l’aliquota del 14% per le spese generali. Nel decreto si rendeva noto che era da «dedursi la somma di 251.752,44Lire, […] relativa alla spesa di costruzione della locanda trattoria delle botteghe artigiane e relativi alloggi».
Il 6 novembre 1940, «visto il rescritto n.20145» del 30 Ottobre, il Provveditorato OO.PP., grazie al «parere del Comitato Tecnico Provinciale per la Bonifica Integrale» del 21 ottobre 1940, approvava il “Progetto di variante nell’ubicazione della torre serbatoio senza maggiore spesa”. Sappiamo, infatti, che rispetto ai piani iniziali, la torre dell’acqua che si approviggiona tutt’oggi dalle sorgenti di Pasquasia «per gravità», fu arretrata all’angolo sud-est della piazza riducendone la valenza simbolica, così come suggerito da Vincenzo Sapienza che vede in questo gesto «una velata dissociazione del progettista rispetto ai temi della propaganda di partito».
Lo stile sobrio e perfettamente in linea con i principi estetici voluti dall’ECLS si compie con alcuni abbellimenti tutt’ora presenti sugli edifici. Le cornici a bassorilievo, i disegni della Via Crucis all’interno della Chiesa, lavoro affidato a Giovanni Ballarò, si completano con l’affresco sull’abside che raffigura San Francesco di Assisi a Borgo Cascino, commissionato a Carmelo Comes. Unico elemento mancante è la statua dello scultore catanese Eugenio Russo, raffigurante l’Angelo del Buon Raccolto posta sul sagrato della chiesa, lateralmente alla scalinata. È interessante notare come in epoca ERAS fu affidata al noto ceramista Giovanni De Simone, la realizzazione di piccole maioliche raffiguranti scene sacre apposte sulle abitazioni di Borgo Verdi, Borgo Agrabona, Borgo Piano Torre II – III, Borgo Runza e di altri ancora del tutto simili a quelle presenti nella Chiesa di Borgo Cascino.
In questi anni di ricerca abbiamo spesso parlato delle difficoltà nelle comunicazioni, dei problemi con i collegamenti per raggiungere i borghi, dei servizi mancanti e di altre richieste bizzare sollevate dagli abitanti dei vari centri, come nel caso del custode di Borgo Binuara che pregava l’ERAS per l’acquisto di scarponi e scope per la pulizia dei locali. Davvero inconsueta, però, è una breve lettera scritta il 22 settembre 1941 dall’addetto al podere Salvatore Nicosia e indirizzata alla Direzione Generale dell’ECLS. Il Nicosia, infatti, sollecitava «codesto Ente di voler organizzare la cerimonia e nominare a suo piacere il padrino e la padrina» della figlia di Rocco Fiorino, colono del podere dimostrativo, per il battesimo da svolgere 1nella chiesa del Borgo». Purtroppo, non sappiamo quale fu la risposta dell’Ente di Colonizzazione ma la missiva sottolinea un forte attaccamento e rispetto per le Istituzioni, attribuendo fiducia allo Stato, ignaro del destino che da li a poco avrebbe sconvolto l’intera Sicilia e cambiato il corso della storia.
Nato nel 1941, il Lunario del Contadino Siciliano, libello trimestrale a cura dell’Ente di Colonizzazione e curato da Nino Savarese, aveva lo scopo di educare, dare consigli e confortare le famiglie rurali; insomma sarebbe dovuto essere «il compagno utile e fedele» di ogni contadino. Nel primo numero del 1942, Antonio Paladino dava consigli medici nella rubrica “La vita dei Borghi”, a causa di un problema di «scabbia, ovvero rogna» denunciato al Borgo. Il borghigiano descriveva i sintomi della malattia «come tante punte di spillo» che, oltre alla figlia di 5 anni, colpirono anche la moglie su mani e braccia. La soluzione adottata dal contadino – non proprio delle più scientifiche – prevedeva il consumo di verdure rinfrescanti e purganti che, però, non giovarono. Il «medico», quindi, consigliava di «lasciare stare i purganti e le verdure» e suggeriva all’uomo di farsi prescrivere «dalla farmacia del Borgo una certa “pomata di Elmerich”», un unguento maleodorante a base di Zolfo. Il “Lunario” continuerà ad uscire sino al secondo trimestre del 1943, dispensando consigli agli agricoltori che gravitavano intorno ai borghi rurali. Da queste pagine sembra che la vita nei centri fosse vivace ma sappiamo che sovente questi piccoli agglomerati erano considerati solo luoghi di passaggio, diversamente da quanto il Regime faceva credere attraverso i propri mezzi stampa.

Nel 1942, conclusi i lavori per la realizzazione del borgo, Marletta predispose il progetto di ampliamento e i progetti per due sottoborghi che avrebbero dovuto offrire ai coloni il servizio religioso e scolastico in prossimità dei lotti e delle case. L’ampliamento avrebbero rafforzato le scelte ed i principi compositivi già adottati per il nucleo originario. Furono progettati degli alloggi popolari ai lati della strada d’accesso, mentre il forno e la scuderia si sarebbero trovati ad est della trattoria. L’edificio delle case degli artigiani sarebbe stato collegato attraverso un portico di cinque campate alla casa sanitaria, il cui lato breve sarebbe stato simmetrico ad una palazzina di alloggi. Proseguendo, si sarebbe creata una nuova piazza asimmetrica ed aperta verso i campi, determinata dalla presenza del magazzino per l’ammasso dei cereali, da un secondo magazzino per i fertilizzanti e le macchine agricol e dalla casa del fattore. Sul prospetto posteriore della casa del fascio, Marletta aveva previsto un grande spazio dedicato a campo da giochi e alle esercitazioni militari. Un magazzino larvicidi, inoltre, si sarebbe dovuto trovare a sud, defilato e distaccato dal complesso centrale. Oltre alla presenza dei nuovi edifici, a caratterizzare l’ampliamento di Borgo Cascino sarebbero dovute essere le grandi superfici alberate disposte attorno a quasi tutti gli edifici e perimetralmente all’area del centro.
Per quanto, invece, riguarda i due sottoborghi progettati, riportiamo ciò che è stato magistralmente descritto da Giuseppe Pagnano in un suo articolo del 1997:

Il sottoborgo n. 1 [n.d.r.] a impianto simmetrico presenta una felice invenzione tipologica nella chiesa in cui aula trapezia e abside sono avvolte da una parete continua, traforata con ritmo costante da finestre, mentre la sacrestia è incastrata nella parete di prospetto. Gli ingressi sono posti ai due lati, secondando l'impianto a tenaglia delle rampe di accesso. Il prospetto ha quindi l'eccezionale ed ambiguo aspetto di un fronte chiuso senza ingressi, con la trifora della sacrestia nell'asse, tra due alte nicchie in funzione di celle camapanarie. La casa della maestra e la sola aula scolastica fiancheggiano l'edificio sacro e presentano corpi parallelepipedi con tetti ad una falda, semplicissime finstre ed uno zoccolo in lastre di pietra che si raccorda ai muri delle rampe. Il sottoborgo n. 2 [n.d.r.] ad impianto asimmetrico è anch'esso risolto nell'invenzione tipologica d'una chiesa che ha come prospetto principale il fianco ovest su cui sta l'ingresso inquadrato da un alto portico con le pareti laterali traforate da due ordini di arcate in funzione di campanili a vela. Alla parete est del presbiterio della chiesa si lega un corpo edilizio a squadra che si estende a sud e ovest, configurando un impianto a corte aperta e che contiene in successione la sacrestia, la casa della maestra e l'aula scolastica con i servizi. I materiali di finitura sono uguali nei due sottoborghi: intonaci chiari, zoccoli di lastre di pietra locale, tetti in tegole. Eccezionale appare, nel secondo sottoborgo, il rivestimento in pietra dell'intero portico della chiesa che avrebbe richiesto un forte impegno economico. Molti dettagli sono costanti, come il disegno delle polifore delle chiese, le imposte delle finestre e i portoni con doghe lignee oblique, e le cornici "a cappuccina" di timido aggetto che scorrono solo sui prospetti corrispondenti ai colmi dei tetti ad una falda. Il tono monumentale del primo sottoborgo è affidato alla contrapposizione vigorosa delle masse, come una efficace prospettiva volutamente aberrata sottolinea, mentre nel secondo, di articolazione volumetrica più moderna, è affidato all'emergere del portico ed alla grande immagine di Cristo dipinta nella sua parete di fondo

L’idea e lo stile dei sottoborghi degli anni Quaranta fu attuata dall’ERAS nei progetti di Borgo Pasquale e di Borgo Ficuzza che spesso ha portato ad un’errata valutazione del periodo di realizzazione.
Che i borghi non soddisfacessero le necessità della popolazione agricola si è già detto e spesso, leggendo i documenti di archivio, non si può che avere conferma che la vita in questi piccoli agglomerati fosse tutt’altro che semplice. Il 23 dicembre 1943 il Vescovo di Piazza Armerina Antonino Catarella, inviò al Commissario Speciale per l’ECLS Dr. Vincenzo Faravino una lettera in cui si faceva presente che aveva «già provvisto per la sostituzione del Parroco Giunta a Borgo Cascino incaricando il Sac. Benvenuti Mario, attualmente a Enna, perchè vi compia il servizio religioso festivo». Il Borgo, però, sembrava privo di comunicazione con i centri vicini tanto che il sacerdote «si serve attualmente di una bicicletta». Il Vescovo chiedeva, così, un contributo all’Ente per provvedere ad un mezzo per collegamenti più veloci e meno faticosi. Nonostante i reclami della Curia, circa un anno dopo la missiva del Vescovo, l’Ispettore Agrario Compartimentale Dr. Luigi Minafra con nota n.7419/I° del 12 ottobre 1944 faceva presente che «parecchi bambini si trovavano nella condizione di non esser stati ancora battezzati», essendo venuta a mancare l’assistenza religiosa. Così, sia Stato che Chiesa avevano dimenticato la situazione di Borgo Cascino.

Il 27 ottobre di quell’anno, in un rimbalzo di responsabilità, da Piazza Armerina arrivò un spiegazione alla mancanza di presenza spirituale al Borgo: secondo quanto scritto dal Catarella, infatti, «non tutti i sacerdoti […] dispongono di un mezzo, sia pure un mulo, per fare la strada a cavallo; ne tutti i sacerdoti hanno l’attitudine o la capacità fisica del cappellano militare Don Benvenuti che […] in pieno inverno, compiva sotto la neve circa quaranta chilometri in bicicletta, lasciando per l’affitto di essa, metà del compenso che riceveva […]. Dai sacerdoti il vescovo può chiedere ciò che è ragionevole». In alternativa ci sarebbe stata la corriera Scelfo che, però, era soggetta alla riapertura al traffico del Ponte Capodarso. «Anche questa soluzione» – continuava Catarella – «non è priva di difficoltà; il sacerdote infatti, dovrebbe andare a Cascino il venerdi mattina, ritornare il lunedi sera». L’unica soluzione possibile, data la mancanza di mezzi, era la residenza del sacerdote al centro, proposta non accettata dall’Ente.
È il 12 maggio 1944, quando alla Direzione Generale dell’Ente di Colonizzazione arriva la nota n.358/R, avente come oggetto la dicitura «segnalazione», scritta dal tecnico agrario Giovanni Busni. Questi, in modo accorato e al tempo stesso diretto, informava come veniva malamente amministrato il Borgo e i suoi servizi. Fu preso di mira il Sindaco di Enna Francesco Militello di Castagna a cui fu fatta richiesta di «avere, se non in permanenza, almeno alla Domenica, un sacerdote, per sentirsi una volta tanto meno isolati», dato che non venivano celebrate messe dal Natale 1943. Il Sindaco, «come buon latifondista, che non può ingerire le opere create dall’Ente, disse che avrebbe mandato piuttosto il sacerdote a Pasquasia e non al Borgo, perchè la frequenza sarebbe maggiore in detta località».  Non servì nemmeno la lettera scritta dai borghigiani al Vescovo di Piazza Armerina – sotto cui cade il territorio del Borgo – poichè, per intromissione del Delegato del Sindaco, prese «la via burocratica degli uffici e certamente non arriverà a destinazione, e se arriverà sarà deteriorata, in modo che non potrà produrre il suo effetto». Da quanto denunciato dal Busni, lo scarso operato del Delegato stava riducendo il Borgo «a una semplice masseria, privandolo di quei pochi benefici che si possono saltuariamente avere». Sembra essere stato un assenteista e poco incline al lavoro se i coloni «che hanno bisogno dell’opera sua, debbono ritornare sul posto più di una volta; al mattino poi debbono aspettare che si alzi col comodo suo, perdendo cosi delle ore di lavoro che sono le più proficue della giornata1. La lettera si conclude esortando l’Ente ad «allontanare gente inutile e dannosa, perchè detto signore è capace solo di sparlare di tutto e di tutti, senza mai concludere una cosa giusta».
Borgo Cascino sul finire del 1945 fu scenario di un delicato contenzioso tra Agrippino Bellissima, insegnante titolare della cattedra della Scuola Rurale, e Francesco Floridia, infermiere del centro. Il 4 ottobre di quell’anno il maestro scrisse una lettera direttamente al Presidente dell’Ente di Colonizzazione, accompagnata dalla nota n.835/H a firma del tecnico agrario Giovanni Busni, in cui sottoponeva l’ingarbugliata situazione creatasi nel novembre 1944 quando «in seguito ad accordi intervenuti tra l’Ente, il Comune e la Scuola, fu ceduto al Signor Floridia Francesco […], il locale della refezione scolastica per uso abitazione». Le condizioni degli spazi erano, secondo il resoconto del tecnico, poco decorose tanto da allevare e tenere «in casa animali di bassa corte». Per una sana convivenza «e per non fare del Borgo un covo di anarchia», Busni non vedeva «la necessità che la superiore Direzione si preoccupi della faccenda» fino a che non sarebbero iniziate le refezioni scolastiche UNRRA (Ente delle Nazioni Unite per il soccorso e la ricostruzione dei Paesi liberati, n.d.r.). Benchè la superficialità del tecnico agrario, il problema non trovò soluzione se il 21 febbaio 1946 con nota n.164, il Direttore Didattico Luigi Di Stefano denunciava una situazione ancora inalterata. Il 2 marzo con nota n.1712/2, con tono risoluto e diretto, il Direttore Generale dell’ECLS Mario Ovazza esortava Giovanni Busni a «voler adottare gli opportuni provvedimenti» in merito ai locali per la confezione e distribuzione della refezione scolastica di Borgo Cascino. Lo sguardo sull’accaduto di Ovazza rimaneva, però, quello del burocrate che da lontano giudica una condizione; il Tecnico Busni, invece, dal suo canto viveva la questione quotidianamente. Questi, in risposta alla nota su citata, scriveva il 25 marzo con missiva n.944/A che «le cose si rendono difficili se anche facili, ed impossibili le difficili». Si sarebbe potuto evitare tutto questo rimando di colpe se, durante i lavori di costruzione, non fosse stato concesso agli operai della Ditta La Spina – assunta per l’esecuzione dei lavori di ampliamento (1942) e di alcuni lavori di riparazione per cause di forza maggiore (1947) – l’uso dei locali destinati al personale del Borgo.
Il 26 settembre 1948 il Comandante Salvatore Lo Giudice della Stazione di Borgo Cascino  – Legione Territoriale dei Carabinieri di Messina – redigeva un resoconto in cui denunciava le condizioni di una stanza della Canonica dove alloggiava insieme alla propria famiglia. La lettera, invita all’Ingegnere Paolo Abadessa, descriveva il locale come «abbisognevole di urgenti riparazioni interne come esterne. Sostituzione dei galleggianti della vaschetta del gabinetto, sostituzione di un tubo del lavandino ed altri lavori bnella stanza adibita per dormire che è molto umida a causa della rottura di un tubo interno della conduttura dell’acqua». A peggiorare la situazione del graduato, il carattere ben poco affabile del Sacerdote Orazio Satariano il quale pretendeva dal Comandante un affitto nonostante «nessun impiegato statale o civile paga pigione di casa a codesto Ente, nè tampoco ad altri privati». Qualora si fosse fatto «presente di fare eseguire i lavori sopradetti, prima di chiedere altre somme», il Satariano andava su «tutte le furie, soggiungendo che per le riparazioni dei fabbricati è compentente codesto Ente [l’ECLS, n.d.r.]». Ad aggravare e a rendere, se possibile, ancora più grottesca la questione, la minaccia «di procedere a norma di legge» da parte del Sacerdote contro il Lo Giudice che si trovò costretto a inviare il 10 ottobre successivo una lettera di sollecito all’Ente in cui si chiedeva un intervento tempestivo degli organi competenti. Purtroppo, come spesso accade, a causa della mancata documentazione, ci troviamo di fronte a un buco nella ricostruzione storica degli eventi che non ci permette di stabilire il loro epilogo.

Rosario Corona, Commissario Straordinario dell’ERAS, scriveva il 3 febbraio 1954 la nota n.3521 indirizzata alla Curia di Piazza Armerina in cui chiedeva spiegazioni riguardo la nota n.1421 del 24 gennaio del Comune di Enna dove si comunicava che il «Sac. Dr. Giaimo Mariano, Parroco di Borgo Cascino, si è rivolto a quell’Amministrazione per la concessione di un assegno mensile». La richiesta del Parroco sembrava davvero particolare dato che il «12 dicembre 1952 è stata versata a codesta Rev.ma Curia la somma di 1.300.000Lire per la costituzione del capitale indispensabile alla creazione della rendita annua di 65.000Lire circa, pari alla metà del limite della congrua stabilito per legge». Da questo documento risulta un aspetto molto interessante e non ancora affrontato nella nostra ricerca: la figura del parroco del Borgo. Questi, oltre ad officiare messa, aveva anche il compito di maestro ed educatore se «in possesso dei titoli» per l’insegnamento. Tale prassi permetteva ai Sacerdoti di poter percepire ulteriori proventi oltre la congrua, l’assegno che lo stato corrispondeva ai beneficiari di un ufficio ecclesiastico a integrazione delle rendite del beneficio stesso. Pochi giorni dopo, il Vescovo Antonino Catarella con nota n.139 del 9 febbraio 1952 rispondeva con toni risoluti all’Ente. Secondo il porporato, infatti, l’ERAS non aveva provveduto, nonostante i ripetuti solleciti, al servizio religioso festivo o all’affidamento di un alloggio dignitoso per il Sacerdote Giaimo che si trovava a vivere da mesi in «un vero squallore». Solo grazie all’interessamente e al coinvolgimento diretto della Chiesa il Sacerdote migliorò la sua condizione. Insomma, il solito rimpallo di colpe e accuse tipico di due apparati burocratici che difficilmente collaborano e dialogano. Il 20 febbraio, a chiudere la questione, ci pensò nuovamente il Dr. Corona che con nota n.1351 rassicurava il Vescovado che la «Commmissione Amministratrice del fondo UNRRA – Agricoltura ha deliberato di venire incontro alle necessità del Rev. Dr. Giaimo Mariano […], in considerazione anche del fatto che il detto Sacerdote manca del titolo di studio richiesto per l’insegnamento elementare e, pertanto, non sarà possibile fargli assegnare un incarico nella scuola elementare del borgo».
Il 18 agosto 1954 il Parroco Giaimo, ormai risolte le questioni dei mesi precedenti, scriveva di proprio pugno una lettera al Commissario dell’Ente ringraziandolo da un lato per le attenzioni rivolte dall’altro facendo presente «le brutte condizioni dei tetti della chiesa e della canonica. Per esempio, due giorni or sono vi fu un vento molto forte in tutta questa zona e più di qualche tegola si mosse».
Il rispetto e l’ossequio con cui il Parroco scriveva a proprio nome e a quello dei borghigiani all’Ente era davvero profondo. Così, l’11 ottobre 1954 chiedeva che l’energia elettrica arrivasse al borgo per renderlo più accogliente, prima che, con l’inverno alle porte, «i giorni diventano più brevi e oscuri». Dal 7 aprile 1955 entrò in vigore il D.P.R. del 22 gennaio 1955, n. 141 secondo cui si riconosceva agli effetti civili, l’erezione della parrocchia dei Santi Francesco di Assisi e Caterina da Siena al Borgo, facendo seguito al decreto dell’Ordinario diocesano di Piazza Armerina (Enna) in data 20 ottobre 1941.
Le lettere di Giaimo all’Ente non erano mai scortesi, anzi ragionevoli e ritraggono un uomo paziente che è costretto a vivere una condizione poco agiata. Il 28 settembre 1957, il Servizio Amministrativo – Sez. Borghi Rurali protocollò una lettera del Sacerdote in cui si rendeva noto un ritardo di oltre quattro mesinella consegna della consueta mensilità. Il denaro arrivava al Parroco di Borgo Cascino in modo saltuario e scostante anche a distanza di anni. Il 20 dicembre 1960, augurando un lieto Natale e ringraziando l’ERAS per i lavori svolti nella Chiesa e nella Canonica, il Parroco chiedeva se l’aiuto economico era stato sospeso o tolto. Purtroppo, come già accaduto, anche in questo frangente non abbiamo riscontri sulla risoluzione della vicenda a causa della documentazione incompleta.
Borgo Cascino, secondo quanto decretato dall’articolo n.1 della Legge 890/1942, fu ceduto «col vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità» al Comune di Enna in data 29 settembre 1969.
Con nota del 7 luglio 1970, n.589/59-12-1956 la Legione Territoriale Carabinieri di Messina – Gruppo di Enna chiede all’ufficio tecnico del comune di redigere un progetto per la realizzazione di un centro cinofilo presso Borgo Cascino. Il Comandante Giuseppe Montagno comunica agli uffici comunali che l’Arma ha deciso di assegnare una somma per l’acquisto dell’attrezzatura per l’avvio dei lavori. Nella stessa nota del maggio 1971, inoltre, si richiede che la cifra stanziata dal comune venga destinata alla caserma che in quel momento risulta «abbisognevole di radicali lavori di straordinaria manutenzione». A rispondere è il sindaco di Enna Paolo Lo Manto che rende noto che i «lavori di adattamento della Caserma saranno eseguiti in concomitanza alla realizzazione del Centro Cinofilo il cui progetto andrà in appalto il giorno 19/6/1971».
Il 3 luglio 1971, gli uffici tecnici comunali presentano la relazione tecnica per la realizzazione di 7 boxes «più uno di riserva […] ed i locali di servizio-cucina.magazzino, infermeria con annesso deposito medicinali». L’importo complessivo ammonta a 3.589.624Lire e riguarda «esclusivamente la costruzione dei boxes e dei locali di servizio in elevato e l’adeguamento mentre restano a carico dell’Arma dei Carabinieri […] i lavori per lo sbancamento, muro di cinta e relativa recinzione con pannelli di lamiera, fondazioni boxes etc. I cui manufatti resteranno di proprietà del Comune». Nonostante gli accordi presi e i progetti avviati, l’Arma non ottenne mai il suo centro cinofilo a Borgo Cascino e la caserma rimase priva di manutenzione fino agli anni Ottanta.
Nel marzo 1985, per venire incontro alla richiesta del Sacerdote Giovanni Messina, il Comune di Enna redige una relazione sullo stato dei locali annessi alla chiesa di Borgo Cascino che, a causa della necessità di lavori urgenti, sono disabitati. Il progetto dell’importo complessivo di 115.000.000Lire prevede il rifacimento del tetto in parte crollato, il ripristino degli impianti elettrici, idrico-sanitari e di riscaldamento, la coloritura degli intonaci esterni e la sostituzione degli infissi esterni ed interni.
Definiti i lavori alla chiesa, nel settembre 1988 l’ufficio tecnico comunale ritorna sulla situazione precaria della caserma. Il direttore tecnico Paolo D’Angelo rileva che l’edificio è in

stato di totale abbandono, in quanto i tetti in legno sono fatiscenti, i solai lesionati e gli intonaci esterni deteriorati ed in fase di progressivo distacco. Le pessime condizioni del tetto consentono grosse infiltrazioni di acqua piovana che ammalarono la malta delle murature sottostanti, lasciando temere un prossimo crollo di parte delle stesse. La caserma è adiacente alla chiesa e la caduta di setti murari provocherebbe gravi danni alla chiesa ed agli altri fabbricati limitrofi oltre a costituire un grave pericolo per la pubblica incolumità

Per tali considerazione, si richiede di affidare i lavori il prima possibile, a norma dell’art.39 della L.R. n.21 del 29 aprile 1985 e dell’art.70 del R.D. del 25 maggio 1895 n.350. Anche in questo caso, tutto viene sospeso e si è costretti ad attendere gli anni Duemila per la riqualificazione del borgo grazie ai fondi per lo sviluppo rurale.
Borgo Cascino è, infatti, insieme a Borgo Bruca l’unico dei borghi rurali siciliani di fondazione ad avere avuto la possibilità di usufruire dei finanziamenti PSR Sicilia 2007 – 2013. I lavori hanno cosi ridato nuovo slancio al piccolo agglomerato rurale grazie al recupero del prospetto della chiesa, del portico e dei sottoportici. Sono stati realizzati interventi di rifacimento delle coperture, sistemazione degli impianti, delle finiture e degli infissi degli edifici già esistenti; sono state sistemate le aree da destinare a parcheggio, con realizzazione di un parterre permeabile e alberatura; è stata ripavimentata la piazza e realizzato un pergolato simmetrico al portico esistente, migliorato l’impianto di pubblica illuminazione e collocati alcuni elementi di arredo urbano. Era previsto anche il recupero e la ricollocazione della Statua dell’Angelo del Buon Raccolto da riporre davanti al sagrato della chiesa, nella sua posizione originaria. Ad oggi, questo è l’unico intervento che manca per riportare il centro al suo iniziale stato.
Borgo Cascino è uno di quei posti la cui storia continua grazie alle persone che oggi vi abitano e ne portano la memoria storica. L’incredibile pazienza e voglia nel raccontare i fatti da coloro che rendono vivo il luogo sono il vero supporto alle vicende che qui abbiamo cercato di riassumere nel miglior modo possibile. I documenti di archivio sul Borgo sono davvero numerosi – nonostante come abbiamo visto a volte lacunosi – e per motivi di tempo e di studio abbiamo deciso di raccontare solo una parte degli aspetti sociali che hanno contraddistinto la vita quotidiana del centro rurale ennese.