BORGO SALVATORE GIULIANO
TIPO DI BORGO — A
progettista — Vincenzo e Guido Baratta
data di progetto — 1939
località — c.da giannino
stato di conservazione — parzialmente ristrutturato
Borgo Salvatore Giuliano sorge in località Giannino tra le quote 800 e 850, in un’area compresa tra Cesarò e San Teodoro e si dirama dalla SS 120 che va verso Troina. Il nucleo rurale si estende per “2149m² catastati all’Art. 179 alla ditta “Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano” per una superficie estesa di 14.370m², distinta in due particelle catastali la 36 e la 37 (da nota n.130 – 22 Febbraio 1986)”. L’area di pertinenza di Borgo Giuliano avrebbe dovuto ricoprire una superficie di 425ha. suddivisi, come riportato nel testo pubblicato dall’IRES “Dati statistici sull’attività svolta dal 1948 al 1960”, nei P.R. 447-1074-812-171-935.
La strada di accesso è molto simile a quella realizzata a Borgo Guttadauro con un muro di contenimento in pietra e una breve curva che entra direttamente nel cuore del Borgo. Maria Accascina, nel suo famoso articolo “I Borghi di Sicilia” del 1941 contenuto in “Architettura”, descriveva la zona come “aspriccia tra gole grifagne […], desolata di opere e uomini” e, a dire il vero, la situazione odierna non è poi tanto diversa da allora.
Il Borgo fu intitolato a un personaggio storico ma pressoché anonimo perfino ai suoi conterranei e meno illustre e influente rispetto all’omonimo bandito di Montelepre. Così sconosciuto che le pubblicazioni ufficiali consideravano quella “S” puntata come l’abbreviazione di un santo e non un nome proprio. Che poi l’unico San Giuliano celebrato in Sicilia è a Pollina a svariati chilometri da dove sorge il Borgo, il che non giustificherebbe tale toponimo.
Non si sa molto, invece, della storia del Giuliano messinese se non che nacque a Roccella Valdemone il 22 Luglio 1885, divenne capo milizia e fu ucciso a Trerimà in A.O.I il 26 Febbraio 1938. Per espressa volontà del Duce venne decorato della Medaglia d’Oro con la seguente motivazione:
Notato che un gruppo di ribelli si apprestavano ad assalire improvvisamente un nucleo di operai intenti a lavorare sulla strada, dopo aver dato l'allarme, imbracciava il fucile e affrontava animosamente il nemico. Rimasto ferito dalle prime cariche avversarie, persisteva nella lotta fulminando alcuni ribelli. Cadeva poi da prode, colpito da nuove scariche che ne martorizzavano il corpo, con la serenità dei forti. Esempio di sereno coraggio, dedizione al dovere spinto al sacrificio e grande sprezzo del pericolo. Esemplare figura di fascista, aveva trascorso la sua vita tra i lavori dei campi
La progettazione del Borgo fu commissionata agli Ingegneri Vincenzo e Guido Baratta, affermati professionista dell’epoca, con decreto di concessione del Ministero dell’Agricoltura e Foreste n.2113 del 3 Giugno 1940 per una spesa di 1.205.782,47Lire, compresa l’aliquota del 14% per spese generali, a totale carico dello Stato. I lavori, affidati all’impresa di costruzione Castelli – la stessa che lavorò sul vicino Borgo Caracciolo – partirono già nel Gennaio del 1940 e furono terminati nel Novembre delle stesso anno, cosa che accomuna i primi otto borghi rurali costruiti sotto l’egida dell’Ente di Colonizzazione. All’inaugurazione del Borgo, il 20 Dicembre del 1940, partecipò lo stesso Ministro Tassinari che aveva già visitato il sito due mesi prima – il 22 Settembre di quell’anno, secondo l’itinerario con arrivo in loco tra le 12 e le 13.30 – nel viaggio che lo portò in giro per la Sicilia durante il quale verificò l’avanzamento dei lavori di colonizzazione e costruzione dei borghi rurali.
Poco tempo dopo la fondazione, precisamente nel 1941, si iniziarono a riscontrare i primi dissesti strutturali causati da un notevole movimento franoso che flagellerà il piccolo centro nel corso del tempo. In questa primissima fase furono attuati dei lavori che modificarono radicalmente il profilo del Borgo. Come si nota dalle immagini scattate durante la costruzione, nel centro rurale erano presenti originariamente due strutture – la Caserma-Ufficio Postale e l’ala orientale della Scuola – che furono demolite per una prima azione di consolidamento. Nessun documento o notizia, però, si trova negli archivi ufficiali dell’ESA a riguardo.
Risale, invece, al 16 Ottobre 1942 la relazione presentata all’Ente, con alcuni dati forniti dallo stesso Ing. Baratta in una rapporto del Settembre dello stesso anno, dal Geologo Prof. Ramiro Fabiani, allora Direttore dell’Istituto e Museo di Geologia dell’Università di Palermo. Questi, che aveva effettuato il primo sopralluogo già nel Settembre 1942 e cioè solo due anni dopo la fondazione del Borgo, notò che le acque nella zona orientale non riuscivano “a sprofondarsi” ma ristagnavano causando i noti problemi e che la natura argiollo-scistosa del terreno, una volta alterata dall’azione degli agenti esterni – ovvero dalle opere di costruzione – causò “quelle conseguenze che ora si devono lamentare”. Lo scritto del Fabiani si concludeva col suggerimento di un rimboschimento della zona in cui si sarebbero dovute sviluppare le opere di consolidamento e di sistemazione. Al problema del movimento franoso si aggiunsero gli eventi bellici che minarono ancor di più i fabbricati e investirono l’isola, rendendola uno degli scenari chiave della liberazione dal Nazifascismo.
Va sottolineato che il problema del terreno inadatto a ospitare le costruzioni era conosciuto non solo ai tecnici dell’Ente ma anche a Emanuele Coniglione che raccontava in un articolo del “Lunario del Contadino Siciliano”, periodico creato appositamente dall’ECLS come guida per consigli e suggerimenti ai coloni, un episodio profetico. Nelle pagine del numero del primo trimestre del 1942, il Coniglione – tra gli altri redattori Nino Savarese, Vann’Antò e Renato Guttuso con le sue illustrazioni [FOTO] – rassicurava “un contadino incuriosito dall’insolito movimento” di ingegneri e autorità che in quella zona, nonostante “sconvolta com’è dalle frane”, si sarebbe riuscito a fondare un “piccolo paese” provvisto di tutto ciò che avrebbe permesso alle famiglie dei contadini di fermarsi per tanti anni a lavorare serenamente la terra. Sappiamo, in realtà, come andarono le cose…
Come nei casi di Borgo Rizza, Borgo Guttadauro e altri, anche Borgo Giuliano vide succedersi tra le sue strette vie le truppe italo-tedesche prima e quelle alleate dopo. Nella “Relazione Recupero Mobilio Arredamento Borgo S. Giuliano” datata 24 Febbraio 1949, si possono percepire, grazie alle parole del perito, i momenti concitati che precedettero l’entrata degli Americani nella zona di S. Teodoro. Il Comando Militare Italiano disponeva – siamo nel Giugno 1943 – la requisizione di alcuni fabbricati del Borgo per adibirli a ospedale da campo. I fabbricati interessati erano: la casa degli Impiegati dell’Ente, la Casa del Fascio e l’ambulatorio. L’arredamento della Casa del Fascio e della Casa Impiegati fu smembrato e ammassato in alcuni magazzini di S. Teodoro, mentre il mobilio e il materiale sanitario appartenente all’ambulatorio fu consegnato, dopo alcuni mesi, all’ufficiale addetto alla requisizione. Il sindaco di S. Teodoro successivamente richiese alla sede generale dell’Ente di distribuire agli sfollati gli oggetti dei due fabbricati sgomberati.
In seguito al precipitare degli eventi bellici, il Comando Militare Italiano passò le consegne al Comando Militare Tedesco che, trasformando il Borgo in Ospedale di linea, fece allontanare tutta la popolazione. Fu uno dei momenti decisivi dell’Operazione Husky e della liberazione dell’Italia. Il 22 Luglio, qualche giorno prima dei fatti narrati nella relazione, Palermo veniva liberata grazie all’azione della 8° Armata britannica comandate dal Generale George Smith Patton. La 7° Armata, invece, procedendo verso Messina aveva il compito di scardinare le comunicazioni tra le truppe dell’Asse. Tuttavia il Feldmaresciallo Kesselring e il Generale Hube furono in grado di costituire una nuova linea difensiva a protezione di Messina e gli Americani, nonostante l’arrivo in Sicilia di altre divisioni, furono fermati dal 23 luglio a San Fratello e a Troina dove si svolsero aspri combattimenti. Da li a breve la situazione politica e militare si rovesciò: Mussolini venne arrestato per volontà del Re Vittorio Emanuele il 25 Luglio e con la sua caduta la compattezza delle unità italiane si sfaldò. I tedeschi, ormai alle strette, organizzarono la ritirata in quella che fu denominata Operazione Lehrgang.
A intrecciarsi con i grandi avvenimenti della storia — famigerata è la foto di Robert Capa in cui un contadino col bastone da indicazioni ad un soldato americano — si svolgevano parallelamente piccole storie come quella di Filippo Sirna. Custode comunale del Borgo ottenne di mettere a riparo il materiale sanitario e “350 volumetti della libreria del Borgo” presso alcuni locali del Comune di S. Teodoro. Nella relazione si legge anche che i tedeschi “per ragioni di emergenza abbandonarono il Borgo e così in quei giorni di caos che seguirono prima dell’occupazione americana, tutto fu saccheggiato e asportato financo gli infissi e i mattoni”.
Altre opere di consolidamento furono eseguite tra il 1942 ed il 1943 e, finita la Seconda Guerra Mondiale, nel 1946 con successivi lavori di riparazione dei danni bellici.
Il 22 Giugno 1949, quando a fatica si tentava di tornare alla normalità dopo il conflitto mondiale, si indicava il nome di Placido Vittorio Virzì, un 38enne di S. Teodoro, coniugato e soprattutto possidente, il che era garanzia di affidabilità, per la consegna dei locali trattoria-locanda. La situazione richiedeva quanto prima l’avvio del punto di ristoro richiesto sia dalle popolazioni rurali ma soprattutto dagli operai che lavoravano nei cantiere del borgo e in quelli per la costruzione della strada finanziata con fondi ERP [alcuni di questi spettarono anche a Borgo Fazio]. Così, pochi giorni dopo con nota n.11 del 9 Luglio 1949 la gestione venne affidata a Virzì che scalzò Giuseppe Famiani non reputato all’altezza del compito per le sue “condizioni economiche non floride”.
Prima di aprire i battenti, però, era necessario che il mobilio recuperato dopo la guerra venisse riportato al Borgo. In una lettera dell’11 Agosto 1949, indirizzata al Commissario Straordinario dell’ECLS, si portava a conoscenza che un impiegato dell’Ente – un certo Guido Guidini – fu inviato a Borgo Giuliano per recuperare quegli oggetti messi al riparo dal Sirna anni prima. L’incarico, però, non poteva essere espletato se non con la concessione di 25.000Lire per coprire le spese di trasporto. Completate queste formalità, si sarebbe potuto riavviare il servizio di spaccio-locanda-trattoria vivamente sollecitato dalle famiglie rurali residenti nel comprensorio del Borgo. Secondo le stime, l’avvio dell’attività commerciale avrebbe richiesto una spesa di 250.000Lire per tavoli, armadi, panche, credenze e perfino comò che sarebbe dovuta gravare sulle casse dell’Ente e non di certo su chi avrebbe gestito i locali “costretto già ad affrontare delle non indifferenti spese per i rifornimenti alimentari”. Così il 29 Novembre 1949, il Capo Servizio Amministrativo Salvatore Corselli con nota n.195 sollecitava l’Ufficio Borghi Rurali di Palermo perchè venisse definito il preventivo di spesa della Ditta Andrea Ciaramitaro che era stata incaricata di reperire la fornitura necessaria per il ripristino del servizio.
Le richieste di gestione del servizio di ristoro furono diverse nel corso degli anni e la scelta non fu sempre facile. Successivamente al Sirna, la domanda di concessione fu inoltrata all’Ente il 20 Febbraio 1951 con nota n.2363 da Giuseppe Risita, profugo d’Africa e residente a Cesarò. Nella lettera si legge della volontà di prendere in carico gli spazi del Borgo per rimediare alla “disoccupazione causata dalla malattia” che gli fu riscontrata nel 1949 quando tornò dalla Tripolitania.
La redenzione del latifondo passava anche dalla redenzione degli agricoltori e delle loro famiglie attraverso l’esercizio spirituale. Il Sacerdote Giorgio Caputo, per onorare la sua missione, cercò in tutti i modi di spronare l’ERAS affinché venisse riaperta al culto la Chiesa, “manifestando l’intenzione di provvedere a sue spese alle piccole riparazioni eventualmente occorrenti”. Iniziò, così, una lunga seria di lettere tra il parroco di S. Teodoro – la prima risale al Luglio 1951 – e gli uffici dell’Ente di Riforma che si concluse il 20 Marzo 1952 con la nota n. 2022 in cui si comunicava che non era possibile “aderire alle richiesta dell’Autorità religiosa in merito all’apertura al culto della Chiesa in quanto l’edificio si trova notevolmente danneggiato “
Il 16 Novembre 1954, venne consegnata agli uffici dell’ERAS una missiva alquanto inconsueta scritta da Roberto Di Giovanni. Questi, figlio dell’illustre pittore Luigi Di Giovanni (già professore emerito presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo), essendo a conoscenza che erano in “corso di costruzione in varie parti della Sicilia, Borghi rurali comprendenti, fra le varie opere, anche la Chiesa”, era disposto a consegnare per 150.000Lire un dipinto del 1938 raffigurante una “Madonna del Rosario ed anche delle rose”. L’opera di dimensioni notevoli (2,07 x 1,26 con cornice e 1,92 x 1,10 senza cornice), avrebbe dovuto dunque abbellire la Chiesa del Borgo ma il Di Giovanni non era al corrente che quell’edificio era sotto continuo monitoraggio da parte dell’Ente per la sua instabilità. Pochi mesi dopo l’offerta del quadro, venne disposta una nuova perizia geologica che continuava a interessare gli edifici a valle del Borgo.
Il 10 Gennaio 1955 fu stilata una relazione sullo stato del Borgo dal consulente Geologo Giovan Battista Floridia dopo il sopralluogo del 7, in cui si faceva un’attenta e approfondita analisi – divisa in ben 8 punti – dove si valutavano e si criticavano i lavori manutentivi svolti nel corso del tempo. Furono considerate, ad esempio, sufficienti le opere di drenaggio eseguite intorno al Borgo, sia per ridurre le infiltrazioni di acqua nel sottosuolo, sia per prosciugare quelle che riescivano a permearlo. Non adatte, invece, sembrarono essere le opere di imbrigliamento dei torrenti, specialmente a valle della SS 120 e a Sud-Ovest del Borgo.
Probabilmente, i punti chiave per capire quali siano stati i problemi strutturali di Borgo Giuliano vennero chiariti nei punti 7 e 8 della relazione Floridia. Riprendendo le considerazioni dello studio del 1942, il geologo sottolineva che i maggiori danni subiti dagli edifici “a valle” furono causati perchè costruiti sul terrazzo ricavato con il riporto e la discarica dei materiali, non opportunamente assestati, di risulta dello sbancamento fatto a monte per ottenere il piano sul quale costruire il Borgo. La Delegazione Municipale – una delle strutture ad oggi che presenta i più seri dissesti insieme alla Chiesa – risente di cospicui avvallamenti sul pavimento dei portici che si affacciano sulla piazzetta del Borgo. Secondo alcune fonti, ciò fu causato dallo stazionamento di alcuni autocarri pesanti che, alloggiati momentaneamente per il riparo da qualche temporale invernale, minarono la stabilità dell’opera.
L’ERAS, dopo aver valutato il resoconto dettagliato del Floridia, decise di affidare i lavori all’Impresa Franza di Messina e di completare l’imbrigliamento del valloncelli per “ottenere un’integrale sistemazione idraulica superficiale interna al Borgo”, creare delle zone boschive – soprattutto a eucalipti specifici per l’accrescimento rapido – intorno all’area del Borgo stesso e, infine, provvedere alle opere di riparazione degli edifici. Va detto che alcune proposte mosse dal perito non furono prese in considerazione dai tecnici dell’Ente portando al peggioramento graduale del Borgo.
Alla luce delle necessità riscontrate, l’Assessorato Agricoltura e Foreste predispose un programma esecutivo riguardante opere pubbliche di bonifica, avvalendosi dei fondi di cui all’Art. 2 della Legge Regionale 5 Aprile 1954 n. 9, che riguardarono Borgo Giuliano con una cifra di 20.000.000Lire per opere di ripristino e presidio. La cifra assegnata, però, non sembra esser stata sufficiente se, come si legge nel documento redatto dall’ERAS:
Conseguentemente, ed in relazione alla esiguità della somma rimasta disponibile (circa il 50% dell'assegnazione di 20.000.000Lire) si è prevista la completa messa in efficienza dei fabbricati ubicati nella zona più stabile del Borgo (a nord) e cioè dei fabbricati Alloggio Impiegati, Caserma dei Carabinieri ed Ambulatorio Medico, e l'esecuzione delle opere strettamente indispensabili ad assicurare la conservazione dei fabbricati rimanenti posti nelle zone a sud-est e a sud-ovest del Borgo e cioè Chiesa e Canonica, Scuola e Delegazione Municipale
Così, i lavori che avrebbero interessato le sole costruzioni, come detto nello stralcio del documento, avrebbero influito sulla spesa totale per 9.216.770Lire, circa la metà esatta dei fondi a disposizione per il recupero parziale del piccolo centro rurale. La parte, invece, relativa alle opere più urgenti – imbrigliamento e sistemazione agro-forestale – avrebbe inficiato per 9.654.150Lire così da avere un margine per le spese generali e oneri vari di 1.129.050Lire, il 6% sul totale complessivo. In attesa dei lavori, si decise con nota n.79612 del 15 Novembre 1956 di adibire l’edificio degli alloggi impiegati alla scuola e all’alloggio dell’insegnante.
È del 20 Aprile 1957, la seconda relazione Floridia in cui si constatava che lo sviluppo del movimento franoso era stato in parte arginato ma che le opere eseguite non erano sufficienti a ottenere una risoluzione del problema. Di conseguenza era sconsigliabile eseguire qualsiasi tipo di restauro sulla scuola e sulla chiesa – un intervento anche parziale si poteva pianificare solo dopo aver bloccato le frane dei valloni A e B – che erano “i più direttamente minacciati e interessati, dovendosi ancora ritenere molto instabile il terreno sul quale essi sorgono”. Floridia è chiaro quando esorta:
Se si vuole salvare il Borgo, questa frana deve essere rapidamente fermata e per ottenere questo scopo occorre in primo luogo drenare le acque di sottospinta mediante una trincea […]. L’acqua drenata potrà essere immessa a valle o attraversando la sede stradale con un tombino o, meglio, prolungando il drenaggio fino al tombino di attraversamento stradale del vallone A. Terminato il drenaggio […] occorre sistemare la zona in frana terrazzandola a girapoggio, con terrazzi stretti e molto frequenti e quindi procedere al rimboschimento. Questo è il minimo che si può fare a titolo d’intervento urgente, tenuto conto che questa frana tende ad allargarsi e a fondersi con quella che si trova sulla testata del vallone A.
La conclusione del Floridia è dura quanto mai reale e lucida: per recuperare Borgo Giuliano si sarebbe devuto procedere ad un “intervento massiccio, graduato in tempo molto breve, spendendo le decine di milioni che occorrono per rimettere in sesto il Borgo e garantirne la stabilità, la durata e l’abitabilità, oppure si rinunzia al Borgo stesso procedendo alla sua demolizione, sia allo scopo di evitare danni o vittime, sia allo scopo di recuperare quei materiali che sarà possibile recuperare: altre alternative non ne esistono ed è bene che si sappia chiaramente che illudersi, cercando chi possa o come si possano formularne delle altre, equivale rinunziare al Borgo”.
Alle parole nette dell’Ing. Floridia seguì in data 25 Settembre 1957, una perizia di variante sul progetto per un importo di 3.903.156Lire approvato e finanziato dall’Ass. Agricoltura e Foreste già il 6 Luglio 1955 con prot. n. 5/5068 e con successivo decreto prot. n. 5/10410 Agr. del 20 Dicembre dello stesso anno. I lavori interessarono la demolizione di un muro di contenimento nella zona Sud-Est ai piedi della Delegazione Municipale e la ricostruzione dello stesso ma con dimensioni di fondazione e muratura in elevazione più adeguati ai carichi, nonché alla costruzione di opportuni drenaggi a ridosso del muro stesso. A sottolineare l’importanza dell’intervento anche il Genio Civile di Messina che con nota n. 20836 Sez. 3° del 12 Luglio 1957 sosteneva la necessità e l’urgenza di integrare ai lavori principali quelli di consolidamento del Borgo.
Gli affidamenti di custodia del Borgo si susseguirono e dal primo Settembre 1962 a prendersi cura del centro rurale toccò a Domenico Cama, coniugato e con quattro figli a carico, come da lettera n. 66498. Nella nota n.22941 del 27 Settembre 1962, in cui si ufficializzava l’incarico, si legge che al custode doveva essere corrisposto un compenso mensile di 35.000Lire, oltre all’indennità integrativa speciale secondo la Legge 27 Maggio 1959, n. 354. A questa cifra, si aggiungevano “gli assegni familiari nella misura dovuta ai dipendenti di questo Ente per aggiunta di famiglia, al lordo delle ritenute di legge”.
In Italia è consuetudine affidare locali e spazi ad organizzazioni cattoliche o a gruppi dipendenti direttamente dalle istituzioni religiose. Così, il 24 Giugno 1964 l’Arcivescovo Alfonso Sidoti di Patti scrisse una lettera all’Ente di Riforma Agraria in cui richiedeva il permesso – incoraggiato anche dal Sindaco di S. Teodoro – di usufruire di Borgo Giuliano per organizzare un “campeggio estivo per adolescenti” della durata di quindici giorni. Il periodo sarebbe andato dal 4 al 18 Luglio di quell’anno e il prelato si disse pronto ad assumersi la responsabilità degli eventuali – anche se poco probabili – danni arrecati ai locali. Questi, evidentemente, non era a conoscenza dello stato in cui le perizie avevano relegato il Borgo e assumersi la responsabilità dei danni provocati da un gruppo di ragazzini sarebbe stato un peso molto meno gravoso di quello che l’Ente doveva accollarsi per il centro rurale messinese.
Il primo Aprile 1965, l’ESA attraverso la nota n.16939 richiese all’Ass. Agricoltura e Foreste il consenso per far redigere un’ennesima perizia di manutenzione straordinaria che valutasse le condizioni degli edifici e della Chiesa – indicata come pericolante – ed ottenere un finanziamento relativo per i lavori di riparazione. La perizia accertò che la Canonica, l’Ambulatorio Medico, la sede dell’Ente e la Trattoria si trovavano in buone condizioni strutturali, tuttavia era necessaria una manutenzione stimata in circa 60.000.000Lire. Per le altre strutture – che poi sono le stesse indicate dalle relazioni precedenti – si consigliò in “via provvisoria la dichiarazione ufficiale di inabilità e in via definitiva la demolizione o quantomeno il puntellamento.” Nelle stesse righe della nota, inoltre, si escluse la possibilità di ricostruire exnovo gli edifici.
Seguendo questa linea decisionale, sia l’ESA che l’Assessorato competente condividevano nella nota n. 5260 del 2 Settembre 1965 l’opportunità di “dichiarare inabitabili, e meglio demolire, la Chiesa, la Scuola e la Casa Comunale”. Le altre strutture, invece, avevano risentito dei danni causati “dalla mancanza di areazione e dall’abbandono in cui rimasero dopo la riparazione, ultimata dall’Impresa Vincenzo Franza il 18 Giugno 1965 in virtù del contratto di appalto del 3 Luglio 1956 e sulla base della perizia redatta dall’Ente il 16 Marzo 1955 approvata con decreto 5/5068 del 6 Luglio 1965 per l’importo di 20.804.000Lire.” Tali considerazioni erano affiancata, però, dalla presa di coscienza che Borgo Giuliano e l’area circostante stava subendo una “rarefazione della popolazione agricola” e che la stessa scuola rurale era frequentata da un numero sparuto di scolari (undici in tutto).
Il 26 Agosto 1966, la nota n. 10835 diretta all’ESA dall’Ass. Agricoltura e Foreste indicava la necessità di porre definitivamente rimedio al problema degli edifici pericolanti, in quanto gravemente lesionati. Congiunto al parere del Genio Civile di Messina, invece, sembrò plausibile per le altre strutture del Borgo un “possibile intervento per le necessarie riparazioni, previa esecuzione di apposite opere di sistemazione del terreno interessato, oltre il ripristino dell’acquedotto rurale a servizio del borgo”.
Tuttavia, l’esigenza di mantenere le attività a Borgo Giuliano fu sottolineata dalla nota n.4303 del 18 Novembre 1966 in cui, fatti i dovuti accertamenti, si prevedeva che il centro rurale sarebbe stato il fulcro per diverse famiglie rurali che abitavano nella zona. Un’ala della trattoria ormai da tempo era utilizzata regolarmente come alloggio del custode e scuola elementare frequentata da 15 alunni, figli di coltivatori diretti del posto. Servivano solo piccoli lavori di riattazione, consistenti nella riparazioni del tetto – le infiltrazioni della pioggia causarono un dissesto alle tegole -, del terrazzo e delle grondaie che avrebbero influito sulle spese per 86.500Lire. Era da risolvere, inoltre, il problema dell’energia elettrica che, proveniente dalla c.da Cattaino a circa 10km dal borgo, serviva innumerevoli casette rurali, terminando proprio a Borgo Giuliano. Il disservizio, però, sembrava facilmente risolvibile grazie all’interessamento e alle rassicurazioni del Sindaco di S. Teodoro.
Benchè l’ESA avesse deciso, dopo tutte le varie problematiche di cui abbiamo accennato finora, di procedere con il ripristino delle funzionalità del Borgo, un duro colpo di arresto inatteso e perentorio avvenne l’1 Febbraio 1967 quando la nota n.223 decretava che i lavori dovessero essere bloccati a causa degli esigui fondi accessibili per il ripristino e recupero delle strutture del borgo.
Il problema del movimento franoso, mai realmente risolto nonostante le perizie e le analisi condotte, continuò ad essere oggetto di svariate missive tra l’Ufficio Gestione Borghi Rurali e l’Assessorato competente. Nella nota n.71635 del 30 Novembre 1968 si legge, ad esempio, che si continuava con gli studi sulla periodicità e sulla natura della frana e che questa era costantemente monitorata dal custode Antonino Romano Silvestre. Questi rimase in carica di certo fino al 31 Dicembre 1972, come accertato dalla nota n.55/R del 19 Aprile dello stesso anno. A questi veniva corrisposto un compenso di 60.000Lire oltre ad altri benefici di legge, a patto di sottostare alle condizioni del regolamento redatto dal CDA dell’ESA. Queste condizioni prevedevano la custodia degli immobili, del mobilio e di tutto ciò che si sarebbe trovato nell’area del borgo, comprese le piantagioni, consideravano la permanenza continua al Borgo e includevano la cura nel segnalare eventuali danni o eventi dolosi ai beni posti sotto la loro custodia al centro zonale ESA più vicino.
Nella stessa circolare, si era sollevato il problema della consegna del Borgo al Comune di competenza secondo la Legge n.890/1942. Qui, inoltre, fu mosso un altro problema spinoso che riguardava la destinazione dei borghi costruiti in base alla legge di Riforma Agraria di cui non si prevedeva fino ad allora alcuna regolamentazione. Come successo, però, per altri borghi rurali si adotterà anche per quelli di R.A. la legge stilata nei primi anni quaranta. Il dato fu confermato nella nota n.25969 del 18 Aprile 1967 in cui l’Ufficio Gestione Borghi prende ad esempio il caso di Borgo Schirò, ceduto al Comune di Monreale. Secondo la legge del 1942, l’organo statale competente per il trasferimento dei borghi – che erano stati costruiti a totale carico dello Stato – sarebbe dovuto essere l’Intendenza di Finanza. Quando, però, nel 1946 la Sicilia divenne regione a statuto speciale, e quindi autonoma in materia di trasferiemento di immobili statali, non si riuscì a stabilire quale dei due Enti (Stato o Regione) dovesse occuparsi della questione. La soluzione coinvolse il Demanio dello Stato che la risolse passando ai comuni di riferimento i borghi dell’Ente di Colonizzazione.
Le pratiche per il trasferimento di Borgo Giuliano a S. Teodoro furono affrontate già ad inizio del 1970. Esclusa la possibilità che si procedesse alla consegna all’Ass. Turismo o a quello d’Igiene e Sanità – seguendo i dettami della legge n.890/1942 di cui si è accennato in precedenza – si sollecitava il comune di S. Teodoro a risolvere in tempi brevi l’acquisizione (nota n. 1441 del 9 Aprile 1970). Nella nota n.54383 del 28 Settembre 1970, l’Ufficio Gestione Borghi Rurali indicava la possibilità di una riattivazione di alcuni locali di Borgo Giuliano – ovvero Ambulatorio Medico, Casa dell’Ente e Trattoria – escludendo, invece, quelli colpiti dal movimento franoso che continuava a far peggiorare la stabilità delle restanti strutture. A questo proposito si organizzò un servizio di guardiania – nota n. 11031 del 15 Dicembre 1970 – per “prevenire eventuali danni a persone, cose o animali”, dato che la frana continuava nella sua evoluzione.
Infine, secondo la legge n.890 del 1942, Borgo Giuliano è stato ceduto col vincolo di destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità in data 29 Ottobre 1994, approvata con delibera consiliare n. 107. Ciò, inoltre, revocava l’ordinanza precedente n. 903/C.E. del 20 Luglio 1988, con la quale erano stati concessi gli edifici e gli impianti temporaneamente e gratuitamente alla cooperativa “Borgo Giuliano Soc. Coop. a.r.l.”, costituitasi l’8 Febbraio 1987.
Borgo Giuliano ha ottenuto il finanziamento di circa 504.022,50€ provenienti dal fondo PSR Sicilia 2014-2020. L’appalto è stato affidato all’impresa gelese Capizzello Emanuele SRL che avrà l’onere di restaurare i tre edifici oggetto dell’intervento (leggi di più).
BORGO CUTO'
Il Borgo rurale in Contrada Cutò, nel comune di Cesarò, fu uno dei tanti centri progettati dall’ERAS per continuare l’opera di riforma agraria in modo capillare; tra gli altri ricordiamo Borgo Fargione (RG), Borgo Sigona (CT), Borgo Abbate (PA), Borgo Cugno Lungo e Passarello (AG) e Borgo Chiusa (PA), per citarne alcuni. Sparsi in varie zone dell’isola, questi progetti rimasero solo sulla carta anche se avrebbero potuto migliorare le condizioni di vita di quei contadini che, fino agli anni ’50, vivevano ancora dentro abitazioni improvvisate, i cosiddetti pagliai di cui si interessò lo stesso Danilo Dolci nel caso di Tùdia. E proprio Borgo Cutò avrebbe potuto favorire una qualità di vita migliore per circa 500 persone, suddivise in 100 famiglie di pastori accampate in quelle stesse condizioni di cui racconta Dolci.
I primi documenti che parlano della progettazione e della costruzione di Borgo Cutò risalgono all’estate del 1957, quando con nota n.8278 del 12 Luglio il Comune di Cesarò sollecitava l’ERAS ad effettuare un sopralluogo nell’area in cui sarebbe dovuto sorgere il “borgo rurale di tipo A”, previe “determinazioni che questo Assessorato [il riferimento è all’Ass. Agricoltura e Foreste, n.d.r.] riterrà opportuno adottare in merito a tale richiesta.”
Così, il 3 Agosto 1957 nella nota n. 9670 l’Ente viene invitato a progettare il nucleo rurale, prevedendo l’espropriazione di una vasta area da destinare provvisoriamente a piazza e “sulla quale, in seguito, verrà esaminata la possibilità di costruire alcuni alloggi da parte dell’Assessorato Lavori Pubblici.” A quella data, però, non era stato ancora concordato alcun sopralluogo e già si prevedeva uno sviluppo del Borgo. Nella nota n. 79751 del 24 Agosto 1957, il Direttore Generale dell’Ente Arcangelo Cammarata informava il Sindaco di Cesarò che qualche giorno dopo – esattamente il 28 Agosto – l’Ing. Francesco Panzera, incaricato dall’ERAS, avrebbe effettuato l’indagine conoscitiva per indivuare il punto esatto su cui fondare il Borgo, “prendendo nel contempo tutti gli accordi che si renderanno necessari per procedere successivamente alla progettazione del Borgo medesimo”.
L’area individuata si trovava tra le contrade Cutò e S. Lucia, compresa “nel foglio della carta d’Italia n. 261 I Sud-Ovest II Nord-Ovest.” La zona scelta non solo offriva rifornimento idrico ma favoriva anche la fondazione e l’ampliamento. Inoltre, come detto in precedenza, avrebbe portato ad un miglioramento delle condizioni di vita per le varie famiglie di pastori.
Nel giro di pochi mesi, però, l’Ente si rese conto dei problemi pratici e tecnici che avrebbero causato un eccessivo dispendio economico. In primo luogo, la costruzione della strada di accesso “di notevole sviluppo, nonchè numerose opere d’arte in relazione alla natura e alla giacitura dei terreni”. Anche qui, come a Borgo Giuliano, il terreno era di natura franosa oltre che rocciosa e particolarmente accidentata. Nel promemoria redatto dall’Ufficio Gestione Borghi dell’Ing. Luigi Panico – lo stesso che progettò Borgo Pasquale, Borgo Pizzillo e Montoni Nuovi – per il Direttore Generale dell’Ente, si avverte che tali opere avrebbero avuto un costo rilevante e “notevolmente superiore a quelle del Borgo”.
Ma forse il deterrente maggiore che bloccò i lavori fu la lontananza dell’area di Borgo Cutò da qualsiasi zona di Riforma Agraria — la più vicina era il P.R. 447, quello di Borgo Giuliano. Così, per la costruzione del centro rurale, l’Assessorato avrebbe dovuto esaminare la “possibilità di un apposito stanziamento per la realizzazione delle opere in parola”(vedi nota n. 2245 del 10 Gennaio 1958).
Nel giro di qualche tempo, il progetto cadde nel dimenticatoio facendo risparmiare agli Enti pubblici svariati milioni di Lire ma lasciando in condizioni al limite della civiltà più di 500 persone che continuarono a vivere in miseria.
Borgo Cutò, infine, rappresenta l’ennesima ed emblematica sconfitta sociale per quell’azione riformatrice che potenzialmente avrebbe potuto risollevare l’economia della Sicilia agricola e di buona parte dei siciliani, riscattandone le sorti. E rappresenta, ancora, il paradosso di una pianificazione fallace in cui si progettava “a priori” senza tener conto della fattibilità dell’operazione e delle sue possibili conseguenze.