BORGO GIACOMO SCHIRO'

TIPO DI BORGO — A

progettista — Girolamo Manetti Cusa

data di progetto — 1939

località — c.da malvello

stato di conservazione — mediocre

Borgo Giacomo Schirò fu il primo centro rurale ad esser consegnato il 18 dicembre 1940 tra gli otto pianificati per attuare l’assalto al latifondo proclamato da Mussolini il 20 luglio 1939 presso Palazzo Venezia a Roma. Secondo le indicazioni dell’Ente di Colonizzazione del Latifonod Siciliano (ECLS), i borghi dovevano essere intitolati a martiri fascisti o a coloro che, in un modo o nell’altro, si fossero distinti per la causa nazionale. Figlio di Giuseppe Schirò, uno tra i più celebri scrittori e poeti arebereshe, Giacomo fu insignito della medaglia d’oro al valore militare caduto per la causa nazionale, quando ancora il fascismo era solo un movimento politico. 
Nato il 23 novembre 1901 a Piana dei Greci — l’antico nome dell’odierna Piana degli Albanesi —  Giacomo, che da sempre aveva dimostrato un forte attaccamento per gli ideali religiosi e patriottici, decise di arruolarsi al 12° Battaglione «Napoli». Il 23 luglio 1920, la cittadina era in fermento per l’arrivo di Nicola Barbato ed il clima era quello di una festa: era stata issata la bandiera rossa, la banda musicale suonava l’inno dei lavoratori e uomini e donne erano vestiti di rosso. Giacomo Schirò, invece, girava per le vie del paese con la propria divisa quando fu raggiunto da un gruppo di giovani che lo spintonarono e lo iniziarono a percuotere. Il giovane si rifugiò quindi nei locali della vicina Società Agricola dove, giunti alcuni Carabinieri, lo ammanettarono, ritenendolo responsabile dei disordini. Lasciato in quelle condizioni, nella più assoluta impossibilità di difendersi, Schirò venne abbandonato allla «ira bestiale dei sovversivi» che si sfogava sul suo corpo. In fin di vita «compì lo sforzo supremo di avvicinarsi ad un drappo tricolore, abbandonato sul pavimento […] per avvolgere in esso il corpo ormai esanime». Il 28 ottobre 1938, le camicie nere di Palermo decisero di portare la salma del giovane dal cimitero di Piana al Pantheon di Palermo, la Chiesa di San Domenico.
Per ricordare il figlio morto, il poeta Giuseppe scrisse:

Or sciogliete il canto, o Albanesi,
toccando lacetra sonora con maestra mano
affinchè risuonino di gloria e monti e valli
della gloria del figlio mio immortale

Grazie ai pareri favorevoli del Podestà di Monreale con deliberazione del 26 ottobre e del Preside della Provincia di Palermo con atto urgente del 19 novembre, ratificato dal Rettorato in seduta del 4 dicembre dello stesso anno, fu decretato il 9 dicembre 1940 con R.D.1971 che il centro di Malvello venisse intitolato a Giacomo Schirò.
I lavori iniziarono il 21 ottobre 1939 – come riporta un acclamato articolo del quotidiano “L’Ora” – e avrebbero permesso, una volta completati, di servire i vasti latifondi che, durante la riforma agraria, furono scorporati nei piani di ripartizione 355-147-577-18b per una estensione di 135Ha. Per sottolineare il valore simbolico della nuova fondazione, alla posa della prima pietra, intervennero le più alte personalità politiche e religiose del tempo, tra cui Nallo Mazzocchi Alemanni (direttore dell’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano), vari gerarchi del PNF, il Cardinale di Palermo Mons. Luigi Lavitrano e svariate rappresentanze delle sezioni giovanili del partito dei comuni vicini.
Esistono diverse progetti di Borgo Schirò che differiscono per impostazione urbanistica e disposizione degli edifici. Un primo voto favorevole per la fondazione del Borgo venne approvato dal C.T.A del Provveditorato alle Opere Pubbliche il 27 settembre 1939. Voto che, però, non ebbe seguito a causa di un intoppo. Difatti, in una lettera dell’11 ottobre 1939 diretta al Ministro Giuseppe Tassinari, in cui Nallo Mazzocchi Alemanni con l’appoggio di Eliseo Jandolo decise di spostare la fondazione a poca distanza dall’iniziale Contrada Patrìa.

poichè il proprietario del tenimento non ha la tessera e non è in onore di santità dal punto di vista del Partito. Ho pensato (in pienissimo accordo col Federale) che avrebbe potuto costituire una notevole stonatura, fare la fondamentale cerimonia, presieduta dal Segretario del Partito, proprio presso un proprietario non fascista

Il 21 novembre 1939, dunque, il Provveditorato OO.PP. approvò nuovamente il progetto del Borgo che questa volta però sarebbe sorto in località Malvello.
I lavori di costruzione dei fabbricati di competenza statale furono concessi in appalto dal Consorzio di Bonifica del Bacino dell’Alto e Medio Belice con atto n.4232 del 31 gennaio 1940 all’impresa romana Odorisio e Mazzaferro “per n.150 case  e centro rurale siti ovunque ferve organizzazione”, secondo il progetto redatto il 3 novembre 1939 dall’Ing. Girolamo Manetti Cusa.
Per il primo Borgo voluto dal regime non si badò a spese e si coinvolsero le migliori maestranze dell’epoca. Tra queste, l’Ente chiese alla Ditta Ducrot di Palermo un preventivo per l’arredamento dei vari locali in data 16 novembre 1940. La spesa totale, considerando i materiali di alta qualità utilizzati come cristalli, legni di pioppo e di faggio, ammontavano a 103.835Lire, da intendersi “per merce pronta franco nostro Stabilimento in via Paolo Gili, escluse imposta d’entrata e dazio”. Per quello che, invece, sarebbe stata la fornitura di materiali per la Casa Sanitaria del centro fu coinvolta la palermitana Ditta Gino Savazzini. L’ordine n.16444 fu emesso il 27 novembre 1940 e comprendeva “strumentario per la diagnosi, per la piccola chirurgia, per ostetricia, accessori chirurgici” e per le analisi delle urine per un costo totale di 2634Lire comprendente la tassa d’entrata del 2%.
Maria Accascina descriveva in un articolo del 5 dicembre 1940, apparso sul Giornale di Sicilia, il centro rurale come

semplice e schietto: case a soffitti piatti e terrazze aperte, tegole rosse; pareti bianche di calcine; qualche arcatella per legare Chiesa e scuola ed offrire ombra nel grande sole, caseggiati ad un piano a due, con grandi terrazze, all’uso monrealese qualche scaletta esterna, dappertutto vecchio e nuovo, senza dissidio, perché tutto utile e preciso, senza arcadie, senza strambotti, senza poesia. Tutto preciso e utile e in questa precisione e utilità, gli edifici si affratellano, sicché, chiesa, scuola, casa del Fascio, casa sanitaria, casa dell’artigiano, trattoria, caserma, posta, non hanno pretesa di presentarsi tutte da sé, per una dignità maggiore o minore, per un materiale o per un colore diverso, non dicono di per sé nulla, ma accolgono benevolmente l’uomo e quando vi sei dentro capisci quello che deve compiere, preghiera o comando o svago, o lavoro o vita del giorno. Motivi paesani, motivi tradizionali, ridotti al minimo, a quelli cioè che, per aderire ad una necessità tradizionale diventano anche essi di uso comune. Nella Chiesa, ad una navatella, il soffitto è in legno a spioventi; il pavimento di marmo di billiemi, le pareti a semplice intonachino. Ad una triplice vetrata, sulla parete curva dell’abside, è affidato il compito di illuminare gioiosamente la chiesetta nel tempo stesso rievocando, tra barbaglii cromatici i Santi Patroni; uso questo delle vetrate, non di Sicilia se dimentichiamo le finestrelle a vetri colorati delle Basiliche romaniche, ma tuttavia adat- tabili al gusto fortemente cromatico dei borghigiani. Nel sagrato ci saranno cipresseti ed il priore con la bella terrazza sulla piazza e il campanile a destra, sarà del borgo vigile e custode[...].
Ora, nel Borgo Schirò il campanile splendente al sole segnerà un ristoro, un centro di vita per la vita nuova che vivranno i contadini sparsi nelle casette dei poderi, già tante, intorno, a Torre di Fiore

Il Borgo fu inaugurato il 18 dicembre 1940, a otto anni di distanza esatti dalla festa di fondazione di Littoria, oggi Latina, prima tra le città dell’agro pontino che sugellò l’opera dell’ONC nel Lazio bonificato. Il giorno successivo sul Popolo di Sicilia, testata catanese attiva dal 1931 al 1943, apparve in prima pagina un dettagliato articolo sull’evento inaugurale a firma del cronista inviato speciale G. Veglia – Fazio. Il corteo di automobili, composto dal Ministro Tassinari, dal Viceprefetto Parisi, dal Segretario federale, dal Podestà, dal direttore generale dell’Ente di Colonizzazione e da un gruppo di funzionari dell’Ente stesso e delle organizzazioni sindacali, dal Provveditore dei Lavori Pubblici, da giornalisti e da funzionari ministeriali, partì da Palermo alle 5 del mattino. Lasciata la costa e superato il paese di Partinico, la carovana di macchine raggiunse il Borgo che “si presenta ammantato di neve. Tutta la campagna circostante ha un suo volto bianco per la fitta nevicata del giorno precedente “. Condizioni avverse che influenzarono perfino la consegna dei lavori da parte dell’Impresa Odorisio che

con uno sforzo veramente ragguardevole, (l'impresa, n.d.r.) riuscì entro l'anno 1940 a sviluppare convenientemente tutti i lavori ed a portare a compimento la costruzione del Centro Rurale "Giacomo Schirò" che, pur tra la neve caduta e che continuava a cadere in quei giorni, [...] rappresentò la prima manifestazione di vita civile della deserta zona del medio Belice

Tuttavia il Ministro, accompagnato dalle “autorità del seguito, ossequiato dal Delegato Podestarile del Borgo Schirò, dal parroco e dagli organizzatori sindacali nonchè dalle maestranza del luogo, arrivò a Borgo Schirò e visitò i vari edifici constatandone le compiute opere e il perfetto funzionamento”. Nell’articolo si descrive anche il momento dell’accensione della fontana che reca ancora oggi la scritta “Laudato sii mi Signore per nostra sor acqua” come “uno spettacolo incomparabile e che ha un alto significato”. Tassinari nel suo discorso elogiò l’operato dell’Ente di Colonizzazione, sottolineando che il lavoro realizzato fino a quel momento “apre nuove possibilità nell’assalto verso il cuore del latifondo, soprattutto perchè la colonizzazione marcerà di pari passo con la realizzazione di opere pubbliche di competenza statale, e perchè con la costruzione delle case si armonizza l’opera di appoderamento intensivo”. Secondo quanto ripreso dal cronista, ben duecento case coloniche erano in parte ultimate o in rifinitura e la richiesta di un’abitazione andò oltre le previsioni, “sfatando la leggenda che il contadino siciliano abbia disertato la terra”.
Il 23 Giugno 1941, fu redatto un progetto per la costruzione dei fabbricati di competenza privata (trattoria con alloggio e rivendita, portico tra la trattoria e l’Ambulatorio, portico delle case artigiane, panificio, forno e campo di bocce) dell’importo di 1.322.600Lore, concesso in appalto dal Consorzio alla stessa Impresa Odorisio, secondo quanto stabilito dall’atto del 13 settembre, registrato a Palermo al n.6925 il 24 settembre 1941. Alcuni lavori supplettivi furono pianificati il 4 agosto dello stesso e diretti ancora una volta da Manetti Cusa. Quell’anno sulla rivista “Architettura”, Maria Accascina descriveva nuovamente Borgo Schirò come un felice compromesso “tra l’antico e il nuovo anche nelle forme costruttive e spesso gli edifici non accusano chiaramente la loro funzione: così la Ricevitoria postale e la Caserma sono trattati in modo di villino, mentre la trattoria aspira ad una monumentalità eccessiva. Maggiore umiltà è ottenuta nella scuola, come nella Chiesa e nella canonica e si ricorre spesso a mezzi fittizzi pur di stringere i vari elementi architettonici fra loro, ora per mezzo di portici ora per mezzo di arcate”.
Allo scopo di assicurare un regolare servizio di comunicazioni tra Borgo Schirò e San Cipirello, l’Ente di Colonizzazione decise di avviare un servizio di “corriera a trazione animale […], in attesa che possano essere definitivamente istituite regolari linee automobilistiche”. Il direttore dell’ECLS Nallo Mazzocchi Alemanni, quindi, dispose di “corrispondere agli imprenditori di tale servizio un sussidio annuo di Lire6.000 pagabile in rate mensili di Lire500 cadauna”. Dopo varie verifiche, il servizio fu affidato a Paolo Gargano, disposto ad assumersi l’onere “a condizioni che gli sia concesso un anticipo di Lire3000, occorrente per l’acquisto della carrozza e da scomputare con le prime 6 rate del sussidio”. Poco dopo aver avviato il servizio, però, il Delegato Podestarile di Borgo Schirò richiese il 16 gennaio 1941 “un quantitativo di crusca da servire per l’alimentazione dell’animale”, evidentemente non sufficiente. L’impresa garantiva il collegamento tra il centro rurale e San Cipirello alle ore 9 del mattino con ritorno alle ore 14, occupandosi anche del servizio postale per il Borgo. Il 4 luglio 1942 con nota n.15692, L’ECLS rendeva noto che era opportuno spostare da San Cipirello a Corleone il servizio di procacciato postale poichè non veniva sempre offerta la possibilità di recarsi al Borgo, mentre sarebbero stati maggiori i vantaggi nel collegare Schirò con il centro ferroviario più vicino. Dal primo ottobre di quell’anno, però, Gargano lasciò l’incarico perchè non gli fu corrisposto retribuzione dal maggio di quell’anno fino all’agosto del 1943, costringendo il gerente di Borgo Schirò a fare “lo scambio di effetti postali al Bivio Patrìa” con il procacciato Roccamena – Corleone. La cosa, ovviamente, non garantiva più la dovuta regolarità per cui l’Amministrazione delle Poste e Telegrafi di Palermo pregò l’Ente di provvedere in modo tempestivo ad una soluzione. Ad intervenire sulla questione il 5 novembre 1945 fu l’Alto Commisariato per la Sicilia che inviò unitamente alla Direzione Provinciale Poste e Telegrafi di Palermo, all’ECLS, al Comune di Monreale, all’Ispettorato della Motorizzazione Civile e alla Prefettura di Palermo la nota n.25301 in cui si esortava “la riapertura dell’ufficio telegrafico tanto necessario anche per eventuali servizi di polizia” e per garantire un servizio viaggiatori più veloce, evitando il pernottamento a Corleone. Presupposti necessari però erano i fondi da stanziare per il procacciato ed il collegamento con i mezzi di trasporto. Fu chiesto, in particolare, all’Ispettorato della Motorizzazione di verificare se “la ditta Scardino (subentrata al Gargano, n.d.r.) assuntrice dell’autoservizio Camporeale – Palermo non possa, allungando un po il percorso (circa 8km tra andata e ritorno) includendovi il predetto Borgo, allacciandolo, così, con Palermo”. Il 29 novembre con nota n.11475 arrivò la rassegnata risposta del Direttore Generale Mario Ovazza che, nonostante fosse consapevole del grave danno che si sarebbe arrecato al Borgo con la mancanza del servizio, dovette ammettere che “questa amministrazione non ha alcuna possibilità di intervenire per la definizione della pratica”. Ad insistere sulla questione fu anche la Prefettura di Palermo che il 9 gennaio 1946 con nota n.55091 informava l’ECLS che

la popolazione di Borgo Schirò ancora una volta lamenta la mancata riapertura di quest'ufficio postale e telegrafico. Detta popolazione nell'attuale periodo invernale risente di tale isolamento sia per l'assoluta mancanza di mezzi di trasporto e sia perchè privata della corrispondenza dei propri congiunti. La riapertura della ricevitoria postale si rende altrettanto necessaria per mantenere il collegamento con quella stazione dell'Arma isolata e che dista 16 chilometri da S.Cipirello date le note anormali condizioni della P.S. nel territorio della Provincia

Ovazza rispose il 24 gennaio spostando la responsabilità sul Comune di Monreale che in base alla Legge n.890/1942 divenne responsabile del Borgo. Tuttavia, la soluzione arrivò il 6 febbraio 1948 dalla Direzione Provinciale delle Poste che propose “al Ministero la correspensione della somma stessa (10.400Lire annue, n.d.r.) da parte di questa amministrazione, onde provvedere sollecitamente al ripristino del servizio di procacciato, indispensabile alla riapertura della ricevitoria p.t. di Borgo Schirò”.
Il 16 ottobre 1942 venne stipulato l’accordo secondo cui l’Ente di Colonizzazione si sostituiva e subentrava al Consorzio dell’Alto e Medio Belice, assumendo nei confronti dell’Impresa Odorisio tutte le obbligazioni e i diritti prestabiliti nei contratti del 31 gennaio e del 13 settembre. Il passaggio di consegne venne regolato dal rimborso riscosso dal Consorzio sull’Ente, il quale il 25 settembre di quell’anno aveva già versato un acconto di 150.000Lire, per le opere già finanziate, per un ammontare di 299.250,05 per un totale di 449.250,05Lire. All’articolo 4 del contratto, inoltre, l’impresa riconosceva di aver ricevuto dall’ECLS nel corso dei lavori la somma di 3.456.275,33Lire per le opere di competenza statale e 1.163.749,35 per quelle di competenza privata. Vennero anche regolati i compensi di Manetti Cusa che fino a quel momento incassò 10.000Lire per la progettazione e 63.000Lire per la direzione dei lavori, oltre ai 28.247,85 già ricevuti direttamente dall’Ente di Colonizzazione.
Nel 1942, circa due anni dopo l’inaugurazione di Borgo Schirò furono proposti progetti di ampliamento. Oltre all’inserimento di una sede dell’ECLS, era prevista l’edificazione di alcuni alloggi, attribuendo, dunque, una funzione abitativa. Ma c’era chi, all’interno dell’Ente, esecrava il concetto di borgo residenziale e chi, invece, lo consacrava. Tuttavia, nel 1949 Borgo Schirò risultava ancora privo di tutte le caratteristiche previste dal Decreto Interministeriale n.11255 del 3 gennaio 1941 che attribuiva ad ogni centro rurale caratteristiche ben definite. Nel 1953, venne promulgato un ulteriore decreto – il Decreto Assessoriale n.295 – che fissava, tra le altre cose, i prezzi massimi per i borghi di tipo A, B e C. Così, l’8 febbraio 1949, Rosario Corona, all’ora Commissario Straordinario dell’ECLS, presentò un’istanza al Provveditorao OO.PP. in cui richiedeva l’approvazione del progetto di definitivo completamento, beneficiando dei fondi ERP, relativi al primo anno, per una somma di 45.000.000Lire, comprensiva della quota del 12% per spese generali ed oneri vari.

In alcuni centri rurali si tentò di avviare i servizi per cui erano stati pensati e, almeno nei primi periodi, qualcosa accade ma con alcune difficoltà. A Borgo Schirò, ad esempio, l’Ente e il Consorzio Agrario Provinciale – che gestiva lo spaccio alimentare tramite licenza – si trovarono a discutere della condotta che “ha lasciato molto a desiderare” di un tal Melidone Pietro. Il podestà di Monreale, nella nota n.1854 del 24 febbraio 1942, chiedeva non solo di destituire l’impiegato ma che fosse sostituito con un “certo Aloia Giuseppe da Partinico”. Questi, secondo le notizie in possesso dal Delegato Podestarile del Borgo “nella sua qualità di ex carabiniere e di decorato di valore, offrirebbe tutte le faranzue per una retta gestione”. D’altro canto, però, imporre al Melidone di lasciare i locali non risultò cosa facile. Con nota n.1405 del 24 marzo 1943, l’Agenzia di S. Cipirello del Consorzio Agrario Provinciale propose all’ECLS l’affidamento di nuovi locali al vecchio gestore che con la propria famiglia aveva lasciato Palermo. In questo modo, Aloia che fino a qual momento non potè disporre del “locale dell’alloggio e la trattoria”, avrebbe potuto prendere ufficialmente servizio.
Il Ministro dell’Agricoltura e Foreste Fausto Gullo approvò il 6 dicembre 1944 la richiesta del 29 gennaio avanzata dal Commissario Speciale dell’ECLS per eseguire in concessione “i lavori di riparazione dei danni dell’acquedotto rurale di Borgo Schirò, in base alla perizia del 24 gennaio”. L’importo complessivo era di 12.943,56Lire – 87,50% a carico dello Stato e 12,50% a carico dei proprietari – e si basava sulle constatazioni tecniche dell’Ing. Luigi Salemi. Le opere, ritenute ammissibili e convenienti, furono approvate sia dal Comitato Tecnico Provinciale per la Bonifica Integrale con voto del 12 aprile che dal C.T.A. del Provveditorato alle OO.PP di Palermo con voto del 26 aprile 1944. I lavori, secondo quanto indicato dall’Articolo 4 – paragrafo B del decreto ministeriale, dovevano essere ultimati entro sei mesi e la liquidazione della spesa sarebbe stata emessa al momento del collaudo.
Il passaggio della guerra, come successe altrove, lasciò profonde ferite che dovevano essere rimarginate. Grazie al Decreto A.C. n.1130 del 18 agosto 1945, venne concesso all’Ente di Colonizzazione di effettuare i lavori di riparazione agli edifici di competenza statale che erano stati segnati dai danni causati dal conflitto, per un importo di 400.000Lire. Le opere furono appaltate all’Impresa Vincenzo De Feo che offrì il ribasso d’asta del 13,05% sui prezzi del Capitolato che, inoltre, si dichiarò disposta ad effettuare ulteriori opere alle stesse condizioni del contratto principale. Parallelamente furono avviate dall’Ing. Mario Ovazza le pratiche per la consegna al “Demanio dello Stato” degli edifici ed impianti destinati a servizi di competenza comunale, secondo la Legge n.1\1940 (ultimi due commi dell’art.2) e in base alle disposizioni della Legge n.890\1942. Nella nota n.7529 del 20 agosto, lo stesso Ovazza propose all’Intendenza di Finanza per superare le “lungagini buroctratiche alle quali si andrebbe indubbiamente incontro nel caso in cui debbasi ricorrere al procedimento di consegne e riconsegne” di “voler esaminare l’opportunità che le dette consegne possano essere effettuate direttamente da questo Ente al Comune interessato”.
La definitiva visita di collaudo delle opere di competenza privata ebbe luogo il 28 dicembre 1945 con l’intervento dell’Ing. Filippo Pasquini Capo Servizio Ingegneria dell’ECLS, il Dr. Cesare Carmine ed il Direttore Tecnico Ing. Francesco Aragona, entrambi dell’Impresa Odorisio. Dal sopralluogo effettuato, gli edifici risultavano ben costruiti nel complesso, nel particolare, invece, fu riscontrato un dissesto dei tramezzi in foglio poggianti sui pavimenti, difetti nei serramenti costruiti con legname, presenza di umidità interna. La liquidazione di 78.197,35Lire per i lavori per le opere sopracitate sarebbe dovuta esser stata saldata il 18 agosto 1942 ma sino al 14 aprile 1951 non venne consegnata alcuna quota all’Impresa, con un ritardo di 3118 nei quali la svalutazione monetaria si poteva calcolare nel rapporto di uno a quaranta. Così, il 30 maggio 1951 la ditta di costruzioni richiese che il credito venisse rivalutato a 3.127.894Lire e che su tale somma venissero riconosciuti gli interessi legali del 5% per i giorni di ritardo (i 3118 dal 18 agosto 1942 al 14 aprile 1951), data del certificato di collaudo e cioè 1.354.378,10Lire. In sostanza l’ECLS avrebbe dovuto versare nelle case dell’Impresa 4.482.272,10Lire a causa del gravissimo ritardo.
In base al Decreto dell’Alto Commissario per la Sicilia dell’11 novembre 1946 n.3/10578, ai sensi dell’Art.6 della Legge 2 Giugno 1930 n.755, si imponeva agli Ispettori Agrari un importo massimo per la concessione di contributi per miglioramenti fondiari. Entro questi termini rientrava la domanda avanzata dal direttore dell’Ente Ovazza che il 3 luglio 1946 chiese il concorso dello Stato nella spesa occorrente “per lavori riparazione di fabbricati rurali danneggiati da eventi bellici, da eseguire nel podere dimostrativo e nel campo sperimentale del Borgo Schirò, in agro di Palermo”. Il progetto da eseguire riportava la data del 31 maggio 1946 e la firma dell’Ing. Paolo Abbadessa che, in epoca ERAS, ricoprirà ruoli diringeziali di primo piano. L’importo preventivato era di 116.000Lire, compresa la quota per oneri vari e altre spese, che per il 45% sarebbe stata coperta dallo Stato, “avuto riguardo all’importanza” dell’opera. Come sempre in questi casi, il sussidio sarebbe stato revocato se non fossero stati rispettati i tempi o se non si fosse ottenuta la proroga prima della scadenza del contratto di appalto.
Il 29 ottobre 1947, a seguito dei pareri favorevoli del C.T.P. per la Bonifica Integrale di Palermo del 18 marzo e del C.T.A. del Provveditorato OO.PP. del 16 maggio, l’Assessore all’Agricoltura Giuseppe La Loggia approvò con decreto la perizia supplettiva del 6 marzo per l’importo di 52.523,17Lire per i “lavori di riparazione danni bellici agli edifici di competenza statale”, ad integrazione di quelli effettuati due anni prima.
All’inizio del 1952, il Dr. Salvatore Corselli – capo servizio amministrativo dell’ERAS – scrisse un pro-memoria al Commissario Straordinario Rosario Corona in relazione all’erezione a Parrocchia della Chiesa di Borgo Schirò. Dal Giugno 1943, l’Ente si trovò a dover sospendere il contributo economico ai sacerdoti che prestavano servizio nei borghi rurali. Tale situazione comportò un blocco delle funzioni religiose in gran parte dei centri, eccezion fatta per Borgo Fazio, Borgo Petilia\Gattuso e BORGO Lupo. Nel primo caso, infatti, la Chiesa era stata sin dal 1947 eretta a Parrocchia e “negli altri due borghi i sacerdoti sono rimasti al loro posto”. La situazione di Schirò risulta diversa e sembra non aver mai raggiunto un regolare funzionamento a “causa della ubicazione del Borgo che dista parecchi chilometri dai centri abitati più vicini, per cui è stato sempre molto difficile trovare qualche sacerdote disposto a recarsi al Borgo, anche una volta la settimana, per celebrare la S. Messa”. La proposta avanzata da Corselli per risolvere il problema fu quella di erogare un contributo “una tantum” di 650.000Lire per favorire lo sviluppo del borgo e di provvedere alla manutenzione e allo sgombero dei locali che risultavano occupati. Sfruttando una parte dei finanziamenti U.N.R.R.A. – Agricoltura destinati al ripristino di alcuni servizi indispensabili nei centri rurali, il 29 agosto 1952 la Curia di Monreale accoglieva con profonda soddisfazione la decisione dell’ERAS di “apprestare i fondi necessari per l’erezione a Parrocchia della Chiesa di Borgo Schirò”. La questione si concluse con D.P.R. n.1042 del 17 Dicembre 1953 con cui si riconosceva anche a livello civile il Decreto dell’Arcivesco di Monreale del 15 ottobre 1952 con cui fu eretta la Parrocchia di S. Benedetto con la dote e la circoscrizione territoriale indicate nel Decreto stesso.
Secondo la perizia del 15 dicembre 1952, era necessario attuare dei lavori di manutenzione al Borgo che furono intrapresi dal 20 Giugno al 19 settembre 1953. Il collaudo venne approvato dall’Ing. Edoardo Narzisi il 14 luglio 1954 che osservò la buona esecuzione degli interventi. Qualche mese dopo – il 2 novembre 1954 – dalla Legione Territoriale dei Carabinieri di Palermo – Stazione di Borgo Schirò arrivò all’ERAS una segnalazione circa “infiltrazioni di acque piovane attraverso la parte superiore delle finestre” a causa della “mancanza delle tegoline esterne di ardesia a protezione degli infissi e dei vani relativi”. L’Ente, nonostante la segnalazione con nota n.973 del 5 aprile 1955 in cui si chiedeva l’autorizzazione a presentare la relativa perizia, non ricevette alcuna risposta dall’Assessorato competente, quello dell’Agricoltura e Foreste. La situazione, dunque, non cambiò lo stato delle cose e il 3 agosto successivo la Legione dei Carabinieri “ritorno a chiedere l’esecuzione delle riparazioni […] nonchè quelle relative al tetto di copertura della Caserma, rimasto danneggiato in dipendenza di un fortunale verificatosi nel periodo invernale”. La soluzione avanzata dal Capo Servizio Dr. Ugo Minneci l’11 novembre 1955 fu quella di provvedere ai lavori occorrenti e urgenti nell’edificio Caserma che, in base al computo estimativo, ammontavano a 793.000Lire. A questi si aggiungevano i lavori riguardanti il “forno” richiesti dalla delegazione municipale per una spesa di 34.000Lire e quelli alla fognatura per 95.000Lire. L’importo complessivo, compreso il 10% per imprevisti, ammontava quindi a 1.015.000Lire anticipati dall’ERAS ma che sarebbero stati recuperati in seguito includendoli della regolare perizia di manutenzione, già predisposta e che aspettava solo l’autorizzazione dell’Assessorato.

Minneci, oltre a curare gli aspetti tecnici, provvedeva anche a risolvere gli eventi di vita che in ogni Borgo accadevano. Il 26 aprile 1955, ricevette una lettera dal Sindaco di Monreale La Commare che richiedeva “l’assegnazione della casa adibita a calzolaio che in atto trovasi vuota” per il Sig. Stassi Giovanni, residente al Borgo e padre di due bambini. La risposta di Minneci arrivò circa un mese dopo con nota n.2587 quando con cordilità fece presente al Sindaco che “dagli atti non risulta che sia arrivata alcuna istanza dello Stassi. Pertanto – continuava Minneci – la prego di volere invitare il Sig. Stassi a inviare una istanza motivata all’ERAS perchè possa prendersi in esame la richiesta”. A seguito degli accertamenti disposti dall’ERAS sulla stabilità della casa artigiana e sulla reale manzione dello Stassi, si decise di non affidare ne l’incarico ne i locali. Stassi, infatti,

da informazioni assunte risulta che [...] oltre ad essere un sordomuto non è un calzolaio ma mezzadro presso l'azienda Patria di proprietà del Duca di Pratameno

Tra i servizi essenziali e di forte valore simbolico, quello religioso era tra i primi ad essere instituito insieme a quello politico. Sospendere le funzioni sarebbe stato sia per l’ECLS che per i successivi enti un grave smacco. Nel 1956, il Parroco della Chiesa di San Benedetto a Borgo Schirò il Sac. Domenico Piraino inviò al Vescovo di Monreale Francesco Carpino una lettera in cui faceva presente l’impossibilità di “andare e venire da Borgo a causa dei frequenti guasti” al suo aquilotto. Piraino continuava in modo accorato sostenendo che

 

se l'aquilotto fosse ancora nelle condizioni di poter camminare ho preso la decisione di non usarlo più, sia per i diversi incidenti stradali che ho avuto, nei quali grazie a Dio me la son cavata con qualche semplice contusione mentre poteva finire peggio, sia per la mia costituzione che non mi consente di espormi a queste continue correnti di aria, specie nei mesi invernali in cui a causa di ciò sto più a letto che alzato

La soluzione avanzata da Piraino fu quella di far comprare all’ERAS una macchina nuova o di aver a disposizione una vettura tra quelle già in possesso dell’Ente. La risposta con nota n.3442 del 10 febbraio 1956 invita dall’Ente di Riforma fu categorica, ricordando come non solo in via del tutto eccezionale furono concesse 2500Lire come rimborso per il carburante al predetto Parroco ma che non potevano essere ammesse ulteriori richieste, soprattutto dopo l’erezione a Parrocchia della Chiesa del Borgo, in cui il sacerdote ha il “dovere di risiedere sul posto usufruendo, oltre che della congrua spettantegli per legge, anche dell’alloggio gratuito e degli arredamenti in dotazione alla Casa Canonica”.
Lavori di manutenzione straordinaria vennero appaltati con regolare gara il 20 dicembre 1958 grazie al D.A. n.14078 del 29 settembre, a seguito della perizia redatta dall’ERAS il 31 marzo precedente per l’importo complessivo di 40.000.000Lire, suddivisi in 37.290.000Lire per i lavori a base d’asta e 2.710.oooLire per arredamenti. Le opere vennero affidata all’Impresa Geom. Mariano Trupia con il ribasso d’asta dell’8,56% ed il relativo contratto venne stipulato il 17 settembre 1959. La consegna dei lavori venne effettuata con le riserve di legge, prima della firma del contratto, il 16 maggio e il completamento dei lavori stessi venne fissato il 15 novembre 1960, poichè la durata stabilita era di diciotto mesi.
Infine, il declino giunse quando le risorse agricole divennero insufficienti, iniziò l’emigrazione ed il terremoto del Belice del 1968 minò la stabilità di alcuni edifici. Tuttavia l’Ente di Sviluppo Agricolo decise, per tamponare l’emergenza degli sfollati, di ricoverare alcune famiglie nelle strutture di Borgo Borzellino e Schirò. A seguito del sopralluogo effettuato il 10 febbraio 1968, l’incaricato dell’ESA il Geom. Liborio Marsala constava che

i locali della Delegazione Municipale utilizzati dal Sig. Solazzo Giuseppe per rivendita di generi alimentari, tabacchi e posto telefonico pubblico sono gravemente lesionati con pericolo di crollo, pertanto, la determinazione del Centro Zonale di Corleone a fare trasferire il Solazzo in un alloggio della casa artigiani e lo spazio con relativo posto telefonico in un aula della scuola appare la più idonea perchè lo spazio non arreca inconvenienti alla scuola dato l'esiguo numero di bambini che la frequentano

“Per consolidare il suolo e frenare il fluire disordinato delle acque meteoriche”, l’ESA avanzò in data 30 giugno 1970 per una spesa di 2.500.000Lire un progetto di rimboschimeto della collinetta su cui si trova Borgo Schirò. Ancora oggi, infatti, il centro è nascosto da una fitta coltre di eucalipti, gli alberi più adatti ad arginare “i continui smottamenti che si manifestano di frequente al limite della strada di accesso al Borgo”. Il 15 dicembre 1970, con voto n.131 del C.T.A per le Opere di Competenza ESA, venne approvato il progetto ma con alcune revisioni sui costi iniziali che portarono il costo totale dell’opera a 2.370.000Lire.
Secondo i dati relativi agli anni 1980 – 1981 e 1982 stilati dall’Ufficio Stralcio – Borghi Rurali dell’ESA, la situazione “per quanto concerne i Borghi rurali costruiti dall’Ente” era di sostanziale stasi. Le uniche attività degli uffici di R.A. si limitavano “ad istituire le richieste avanzate da alcuni assegnatari, limitrofi ai Borghi stessi, relative all’assegnazione di qualche locale libero ed agibile quale ricovero per macchine agricole e materiali necessari alle attività agricole”. Tra le domande più frequenti risultavano anche quelle avanzate “da parte di Compagnie dell’Esercito, per collocamento temporaneo di personale e per esercitazioni militari”. Non mancavano le richieste “per lo svolgimento di attività sociali ed assistenziali in favore di handicappati” avanzate da cooperative giovanili come la “Alice” e la “Craop” di Palermo, rispettivamente per alcuni locali liberi a Borgo Schirò e a Borgo Borzellino.
Con deliberazione n.722 del 23 luglio 1993 presso Caltanissetta, l’ESA e il Comune di Monreale, territorio entro cui ricade Borgo Schirò, formalizzarono l’acquisizione del centro secondo quanto deciso con gli atti del 30 giugno 1992 n.79 del Consiglio Comunale di Monreale, approvata dal C.P.C. di Palermo nella seduta del seguente 14 luglio e per gli effetti della Legge 890/1942. In base all’Art.1 della stessa Legge, gli edifici e gli impianti di competenza comunale dei Borghi Rurali dovevano essere trasferiti gratuitamente ai Comuni con il vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità.
Gli ultimi esercizi rimasti attivi fino a pochi anni fa furono il tabaccaio e la chiesa, curata dai monaci del vicino Santuario di Tagliavia. Come spesso accade, anche in questo caso vari sono stati i tentativi di recupero ma fin’ora l’assegnazione e la rinascita sembrano essere lontani.

Il borgo acusticamente risente della sua posizione di transito. Questo, oltre alla presenza di macchine, si traduce nel passaggio di mandrie e di allevatori, elemento che va considerato in un analisi generale sul suono. Il borgo acquisisce oggetti di abbandono, da bidoni della benzina, fino a spazzatura di  vario genere, dalla frutta marcia fino a materiali metallici, smaltiti grossolanamente. Il lavoro su Borgo Schirò si è concentrato maggiormente sui differenti materiali, in particolare sulla loro funzione sonora, materiali che scricchiolavano, legni e reti metalliche; materiali che potevi far rotolare a terra, i bidoni; materiali all’interno della chiesa, pietre e vetri.
Le differenti riprese microfoniche e il montaggio hanno voluto sottolineare questi aspetti insieme al paesaggio in sè, un vento che non dà tregua e che muove il grano, gli alberi e fa arrivare i suoni degli animali lontano tra le colline. L’atrio accanto alla chiesa e la chiesa, sono i due luoghi che maggiormente presentano caratteristiche in temini di riverbero e possono essere usati per espedienti compositivi sonori futuri.