BORGO RIENA

TIPO DI BORGO — B

progettista — N.D.

data di progetto — 1951

località — c.da riena

stato di conservazione — pessimo

Borgo Riena si trova tra Lercara Friddi (prov. di Palermo) e il centro di Filaga. Per raggiungerlo è necessario imboccare la SP36bis che si dirama dalla SS188 proprio dove sarebbe dovuto sorgere Borgo Quattro Finaite – Giardo, progettato tra il 1942 ed il 1944 dall’Arch. Giuseppe Di Giovanni. A causa degli eventi bellici, però, il progetto rimase su carta e non vide mai la luce. Finita la guerra e attuatasi la Riforma Agraria, il Consorzio di Bonifica procedette alla progettazione di un borgo di tipo C, più modesto per dimensioni e servizi: Borgo Riena a servizio del P.R. 850. Il Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Sicilia approvò con voto del 29 Febbraio 1951 la costruzione del centro, seguendo il progetto del 4 Maggio redatto dagli uffici tecnici del Consorzio di Bonifica Quattro Finaite – Giardo. Per questo motivo, il faldone con la documentazione non è incluso nell’archivio dell’Ente Sviluppo Agricolo di Prizzi (Palermo). Oltre a Riena, all’interno del Comprensorio di Bonifica, sarebbe dovuto sorgere un altro Borgo C nei pressi del P.R. 794 — in fase di progettazione nella mappa aggiornata al 31 Dicembre 1956 — a ridosso di Case S. Nicola. Venne pianificato un centro rurale di tipo B in località Margana, spostato in seguito in C.da Portella della Croce in cui sorge l’omonimo Borgo. La modifica della fondazione fu dettata dopo un sopralluogo effettuato da alcuni tecnici dell’ERAS e del Consorzio per motivi “prevalentemente funzionali”, data la favorevole posizione e la maggiore stabilità dei terreni di fondazione.
Nel corso degli anni, la confusione e la mancanza di approfondimenti hanno fatto pensare che Borgo Riena potesse risalire agli anni del fascismo. Oltre alle informazioni di cui abbiamo già parlato, a escludere in modo assoluto la tesi per cui il centro rurale non fu costruito durante il periodo fascista sono ulteriori due elementi: il primo, di carattere costruttivo, riguarda l’utilizzo di travi in ferro. Questo, infatti, era preziosissimo durante il secondo conflitto mondiale e raramente veniva utilizzato per realizzare costruzioni civili. L’altro elemento che esclude la fondazione alla prima metà degli anni ’40 è legato al toponimo. Difatti, tutti i borghi ECLS — a eccezion fatta per l’incompiuto Borgo Fiumefreddo — prendevano il nome da un personaggio “martire” fascista. Dunque, nonostante l’esiguità di documenti ufficiali e relazioni tecniche sulla sua fondazione, questi elementi portano ad affermare che Borgo Riena non sia legato alle volontà dell’Ente di Colonizzazione del Latifondo. A trarre in inganno è certamente stata la continuità dello stile architettonico e la disposizione delle strutture che creano una piazza aperta sulla valle in modo analogo a Borgo Fazio.
Rispetto alla mappa del 31 Dicembre 1956, il centro di competenza consortile risulta essere di tipo C nonostante il numero di edifici tipico di un Borgo B. Borgo Riena, infatti, è costituito dalla Chiesa dedicata a S. Vitale, patrono di Castronovo di Sicilia, con annessa sagrestia, una scuola e tre strutture abitative che avevano lo scopo di ospitare i Carabinieri, le Poste, le botteghe degli artigiani e lo spaccio – locanda – trattoria.
A differenza dei centri degli anni ’40, la strada di accesso all’agglomerato rurale non si risolve nella facciata della chiesa ma è posta in modo perpendicolare rispetto ad essa ed alla piazza centrale. Sparse sul territorio circostante sono poche le case che si possono notare e tutte vicino alla strada SP36Bis, richiamano il genere dell’abitazione colonica progettata dai vari enti pubblici nel corso degli anni.
A interessarsi di Borgo Riena e della sua storia è stato anche lo scrittore Antonio Pennacchi nel suo “Viaggio per le città del Duce“. Nella pagine dedicate al Borgo siciliano si narra che fu abbandonato nel 1950 e da allora  abitato da un solo personaggio, tale Totò Militello, un condannato all’ergastolo che così evitò la condanna. Tutto ciò, però, è soltanto una leggenda adattata alla fantasia di uno scrittore.

Per ciò che riguarda l’aspetto sonico, la presenza degli impianti architettonici, vissuti solo per sette anni, ha fatto si che la natura avesse la meglio. La combinazione paesaggistica sonora, quindi, è molto presente. In una giornata di vento, mettersi al centro della piazza, significa sentire una complessa sinfonia di fronde di alberi tra le case e il suono di campanacci di mucche e cavalli. Tra le pause, l’assoluto silenzio della campagna siciliana.
Ad un livello di orchestra ecologica è possibile far risuonare il luogo, facendo molto attenzione a non salire nei piani più alti che sono effettivamente pericolanti, suonando tutti ciò che è materiale di confine. Per esempio le mura o le finestre che fanno da soglia tra  l’interno e l’esterno o, ancora, il modo in cui si è venuta a realizzare questa dialettica, per esempio con elementi di ferro (fil di ferro). Una caratteristica delle finestre è che gonfiando a causa dell’azione dell’acqua piovana hanno iniziato a strisciare sul marmo dei davanzali, realizzando così un particolare suono di legno che ricorda un violoncello. Le case senza i tetti e la chiesa (attenzione ai rovi quando entrate) si prestano a suoni di terreno, soprattutto nell’ambito della ricerca sonora in movimento.

Infine, ci piace segnalare questo progetto di riqualificazione di Borgo Riena. Il nuovo impianto prevede il rafforzamento dell’asse viario principale e la realizzazione di assi viari secondari disposti ortogonalmente ad esso, al fine di creare una maglia regolare che collega i vari edifici fra loro. Questa nuova maglia, insieme alla forma curvilinea della strada provinciale esistente, genera inoltre una suddivisione del territorio del borgo in piccole aree ognuna delle quali ricopre una propria funzione. La strategia adottata, per il recupero di alcuni degli edifici, è quella della “Scatola nella Scatola”. Questa strategia risulta efficace nei casi in cui al bene da riqualificare è riconosciuto un valore culturale condiviso, cosi da limitare le azioni di manomissione sul “contenitore storico”e mantenere la sua integrità materiale.

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