CASE CANTONIERE
TIPO DI BORGO — case cantoniere
progettista — N. D.
data di progetto — 1936
località — omonima per ogni gruppo
stato di conservazione — buono\pessimo
Durante il ventennio fascista si incentivarono diversi lavori di bonifica, costruzioni stradali, ferroviarie e opere di sistemazione urbanistica. Un accurato resoconto sulla situazione delle Opere Pubbliche in Sicilia fu fatto da Angelo Colombo nel numero del Maggio 1932 de “Le Vie d’Italia”, rivista mensile del Touring Club Italiano (disponibile online), in cui, tra i casi presi in esame, vi è anche Borgo Regalmici. Nell’articolo si osservava come il risanamento dell’isola passasse da una “vera e propria bonifica generale”, idea direttamente collegata al concetto di bonifica integrale teorizzato da Arrigo Serpieri e attuato con il R.D. 13 febbraio 1933, n. 215 “Nuove Norme per la Bonifica Integrale“.
Durante i primi nove anni di Governo furono stanziati per la sistemazione delle strade statali circa 350.000.000Lire e 250.000.000Lire per la realizzazione di nuove opere di viabilità. In totale lo Stato, grazie anche a “quell’alacre e prezioso organismo che è il Provveditorato alle Opere Pubbliche”, investì in Sicilia 3.000.000.000Lire. Le parole di Colombo elogiavano chiaramente l’azione fascista, sottolineando come “cardine d’ogni civile sistemazione e d’ogni progresso è il problema delle strade”, tema molto caro anche alla politica odierna, nonostante siano passati più di ottant’anni.
Per attuare gli interventi programmati da Roma fu istituita con la Legge n. 1094 del 17 Maggio 1928 l'”A.A.S.S. Azienda autonoma statale della strada”, il cui primo direttore fu l’Ing. Pio Calletti (1928 – 1939), che fino a quell’anno aveva ricoperto in Sicilia l’incarico di Provveditore alle Opere Pubbliche e come tale presenziò all’inaugurazione di Borgo Regalmici. Il compito della nuova azienda era quello di assumere la gestione tecnica della rete delle più importanti strade statali, oltre al generale indispensabile riordinamento ed alla più organica manutenzione e la radicale sistemazione delle strade di propria competenza. L’Ente prese in consegna le varie strade tra il Luglio ed il Dicembre 1928, ricevendole per poco più della metà dal Genio Civile e per il resto dalle Amministrazioni Provinciali. Fino a qual momento erano strade per la quasi totalità (circa il 98%) a vecchia carreggiata ed in massima parte in condizioni disastrose, così che per queste, prima ancora che di sistemazione, si parlò di “ricostituzione della struttura costruttiva”.
La Legge assicurava alla A.A.S.S. la necessaria agilità di funzionamento, stabilendo che il Ministro dei Lavori Pubblici, Presidente dell’Azienda, potesse prendere decisioni senza necessità di altro parere eccetto che quello del Consiglio di Amministrazione dell’Azienda stessa.
Solo in territorio siciliano, l’azienda coprì circa 2.058km di strade statali, 4.018km di provinciali, 2.000km di comunali e ben 10.000km di Regie trazzere. Nella provincia palermitana – territorio oggetto della nostra ricerca – furono manutenuti circa 924km di rete non considerando le strade di competenza comunale che “abbisogna di radicali sistemazioni”. Fin qui la situazione delle strade già esistenti: con il piano promosso, però, la Sicilia avrebbe acquisito altri 700km di nuove vie di comunicazione tra comunali, provinciali e strade di bonifica agraria in modo da “togliere dall’isolamento i Comuni o le frazioni […] e fornirli di accesssi alle stazioni o ai porti”. L’idea, dunque, era quella di far nascere una nuova Sicilia, come dice Vincenzo Ullo in un suo articolo, eliminando le “difficoltà nei trasporti e l’impossibilità di rapide comunicazioni”.
Tra le opere affidate all’A.A.S.S. rientravano anche le costruzioni delle Case Cantoniere che ricoprirono un ruolo di importanza centrale nello sviluppo delle vie di collegamento. In particolare modo, i gruppi di case potevano essere considerati come un primo esperimento del governo di Roma per colonizzare e far risiedere stabilmente il colono nelle nuove abitazioni al termine dei lavori stradali. A questi venivano affidati dei locali a patto che il trasferimento nelle campagne coinvolgesse l’intera famiglia. In un articolo apparso sul Popolo di Sicilia nell’Agosto 1937, si presentavano “gli aspetti confortanti” delle nuove costruzioni cantoniere che avrebbero dovuto invogliare “quelle masse che sono tra le più benemerite perche lavoratrici e prolifiche” a lasciare le “più sgangherate casette o baracche prive d’igiene e di comodità”. Si auspicava, così, che il cantoniere cambiasse il suo ruolo sociale da operaio in rurale. Nel testo sull’attività svolta dal Governo tra il 1922 ed il 1932 si legge come
speciale interessamento rivolto alla classe dei cantonieri statali, ed il concetto di considerare le case cantoniere come uno dei complementi tecnici della moderna attrezzatura della strada, ha portato l'A.A.S.S. a studiare un piano organico per le case stesse, allo scopo di mettere in buono assetto quelle ereditate dalle passate gestioni e di provvedere con nuove costruzioni per le strade che ne sono prive. L'Azienda si è preoccupata di adeguare alle particolari esigenze a cui esse debbono soddisfare, con opportuno riguardo al diverso carattere dei luoghi; sicchè, pur mantenendo in sobrie linee generali alcuni elementi fondamentali, quali la coloritura esterna, le iscrizioni, i giardinetti ed orti annessi, gli adattamenti, se del caso, per ricovero di macchine e di attrezzi, si è cercato che le case cantoniere corrispondessero ai caratteri del paesaggio circostante, secondo le linee di architettura rurale di ciascuna regione [...]. Nel complesso, a cura dell'Azienda sono state costruite oltre 400 case cantoniere
Tali considerazioni posero il punto d’arresto al possibile sviluppo del gruppo di case di Grottamurata.
Lo schema per l’edificazione delle case seguiva regole generali ben precise, riportate nel secondo volume “Manufatti Stradali” (l’opera completa consta di tre tomi), edito nel 1929 da Ulrico Hoepli e a cura del Capo Compartimentale dell’A.A.S.S. l’Ing. E. Minozzi. Nel libro venivano riportati disegni e schizzi prospettici di gallerie, ponti, allargamenti stradali e ben otto tipi di Case Cantoniere, denominati con le lettere dalla A alla K.
I piccoli agglomerati di cantoniere presenti nella provincia di Palermo, tuttavia, non rientrano tra le opere eseguite dall’Azienda statale ma ne riprendono i concetti chiave come il soddisfare le linee sobrie dell’architettura o il dotare di servizi le abitazioni. Se ne distaccano, invece, per modalità costruttive e per la scelta cromatica. In origine, infatti, nessuno dei nove centri presentava il tipico colore rosso delle case ANAS. Oggi solo Paratore e Vaccarizzo presentano la colorazione rosso – ocra poichè le case sono state nel corso degli anni mantenute come depositi.
L’amministrazione provinciale, dunque, aveva pianificato nove gruppi di case coloniche per cantonieri, qui elencate con le relative strade:
• Bellolampo (Passo di Rigano – Montelepre)
• Portella della Paglia (Bivio di Cristina – San Giuseppe Jato)
• Fellamonica (Partinico – Sancipirrello)
• Pietralunga (Sancipirrello – Corleone)
• Santa’Agata (Piana – B. Ficuzza)
• Cammisini (Collesano – Polizzi)
• Paratore (Castelbuono – Geraci)
• Frisino (Madonnuzza delle Petralie – Alimena)
• Vaccarizzo (Alimena – Fiume Salso)
Altri gruppi di caseggiati furono realizzati fuori dalla provincia di Palermo, come Domingo e Grottamurata. Quest’ultimo, sulla SS118 Corleonese – Agrigentina, ad esempio, richiamava da vicino quel tipo di organizzazione tipica dei successivi borghi di fondazione; una piccola piazza su cui si affacciavano le strutture di servizio – scuola e stazione dei Carabinieri – le case per i cantonieri con annesso terreno di circa 1000mq e poco distante una chiesetta, elemento unico per gli agglomerati di case cantoniere. Si veniva, così, a creare un “aggregato di vita comune, destinato nell’avvenire a maggiori sviluppi”, secondo quanto scritto nel 1938 sulla relazione del decennale delle attività dell’A.A.S.S. Il 10 Settembre 1940, tale prospettiva convinse il Direttore Generale dell’Azienda Autonoma Statale della Strada a richiedere al Ministero Agricoltura e Foreste e al Compartimento della Viabilità di Palermo attraverso la nota n.5761 la costruzione di un acquedotto per una spesa di 165.000Lire a cui aggiungere 40.000Lire per la fornitura dell’acqua più un canone annuo di 1000Lire da versare al Consorzio dell’acquedotto del Voltano. Fino a quel momento, infatti, l’approvigionamento idrico avveniva soltanto grazie ad una cisterna di raccolta delle acque piovane che “per quanto assicuri il regolare rifornimento durante la stagione invernale […], non è affatto sufficiente durante buona parte dell’anno ed in ispecie nella stagione estiva, costringendo a trasportare l’acqua dall’abitato di Raffadali distante ben 10km”. Le case cantoniere di Grottamurata erano abitate da 41 persone “ma si prevede di raggiungere fra non molto il numero di 100 e più in la quello di 300” questo soprattutto grazie al fatto che “i lavori eseguiti hanno risposto in pieno allo scopo che ne consigliò l’esecuzione essendosi costituito un nucleo di vita a carattere prettamente rurale”, che invogliò alcuni privati nei pressi del centro ad avviare l’appoderamento dei propri terreni. A sostenere le intenzioni dell’Azienda stradalefu lo stesso Pio Calletti, ora reggente il sottosegretariato di Stato per i lavori pubblici, che il 25 Marzo 1941 esortò il Capo di Gabinetto del Ministro dell’Agricoltura e Foreste Eliseo Jandolo affinchè provvedesse “con cortese sollecitudine a quanto richiesto dall’A.A.S.S.”. In breve tempo, la Direzione Generale della Bonifica Integrale comunicò che
la località Grottamurata e zone circostanti in provincia di Agrigento , non rivestono interesse dal punto di vista dell'appoderamento, trattandosi di terreni prevalentemente non riducibili a proficua coltura agraria perche formati da rocce gessose. Si aggiunge d'altronde che le poche terre in atto coltivate sono possedute da piccoli agricoltori che, data la esigua superficie posseduta, non hanno obbligo di appoderamento. [...] Per quanto riguarda la concessione del sussidio statale nella spesa, nella misura del 75%, si osserva che le suddette opere non presentano il carattere di ruralità, e non possono essere pertanto ammesse ai benefici di cui agli art.43 e 44 del R.D.L.13 Febbraio 1933 XI, n.215
Si pose, così, fine ad un possibile centro propulsore per la rinascita agricola ed economica per la zona.
A dirigere e a realizzare i progetti nel palermitano fu l’Ufficio Tecnico Provinciale che fece di tutto per ricevere come “ambito premio” l’approvazione e il sostegno di Mussolini, a ridosso della sua visita palermitana del 19 e 20 Agosto 1937. In quei giorni, il Duce puntò il dito sul problema dell’acqua che insieme alle strade e al villaggio rurale avrebbero permesso ai contadini di “vivere lieti sulla terra che lavorano” e sarebbero stati gli unici mezzi per spogliare dai suoi “reliquati feudali” il latifondo. Si accennò, quindi, per la prima volta al progetto dell'”Assalto al Latifondo” che fu definitivamente proclamato il 20 Luglio 1939 presso le stanze di Palazzo Venezia a Roma.
Per prepararsi alla visite del Capo del Governo fu stampato il testo “Lavori di costruzione di IX gruppi di case coloniche per cantonieri” in cui, oltre a “venire incontro e soddisfare esigenze sociali di più elevata ed ampia portata”, si sottolineava come fosse necessario riunire le case in gruppi. Da un lato, infatti, la manutenzione delle strade poteva rendersi efficace ed efficiente “soltanto quando i cantonieri abitano sulle strade loro affidate”. Dall’altro, invece, spingere le famiglie dei cantonieri a risiedere in quelle piccole case avrebbe favorito lo svilupparsi di una piccola comunità, trasformandoli nei primi centri di vita agricola “verso i quali guarderanno con interesse i proprietari dei vicini latifondi per trarne esempio ed incitamento”. Lo stesso Duce diede il “buon esempio” investendo 400.000Lire nella realizzazione di alcune abitazioni, contribuendo così alla spesa totale li 1.500.000Lire. Con queste parole si iniziavano a tracciare i metodi che saranno alla base della colonizzazione del latifondo: scorporo delle terre e attaccamento del colono alla terra a lui affidata.
Realizzati i primi trentacinque alloggi, si pianificarono altri cinque agglomerati di case cantoniere, destinati a diventare col tempo dei veri e propri “nuovi piccoli centri di vita” per circa trecento persone. È, infatti, verificato che il secondo piano fu “redatto nell’Aprile 1938 dallo stesso Ufficio Tecnico dell’Amministrazione Provinciale di Palermo”, per una spesa complessiva “di Lire 1.200.000, delle quali Lire 856.949,23 per i lavori a base di appalto e Lire 343.530,77 a disposizione dell’Amministrazione per acquisto di terreni, impianti ed installazioni varie, direzione e sorveglianze, lavori imprevisti”. Il progetto di massima venne approvato, previa risoluzione di alcune clausole inerenti il capitolato speciale, considerando “che la ubicazione dei proposti cinque gruppi di case risponde a opportunità economiche e sociali”. Il “complesso di nuove cinque gruppi, con complessive 17 case” si sarebbe affacciato su alcune importanti strade di comunicazione, secondo il seguente schema:
10° gruppo al Km. 21 strada Ventimiglia – Trabia
11° gruppo al Km. 19 strada Termini – Caccamo
12° gruppo al Km. 21 strada Bisacquino – Palazzo Adriano
13° gruppo al Km. 7 strada Lercara – Prizzi
14° gruppo al Km. 13 strada Lercara – Cammarata
Realizzati secondo una pianificazione unica, ogni gruppo era costituito da 4 o 5 case pensate per le abitazioni degli operai, del capo cantoniere e del funzionario temporaneamente distaccato per i servizi stradali. Ad ognuna delle strutture era annesso un piccolo lotto di terra tra i 4.000mq e i 5.000mq con lo scopo di garantire alle famiglie coloniche un sostentamento e dei “cespiti supplementari” per arrotondare il modesto salario. La casa dell’operaio semplice era composta da tre vani per alloggio e dai locali necessari alla vita rurale quali la stalla, il pollaio, il porcile ed i ripostigli, permettendo cosi allevamenti di piccoli animali domestici. La casa principale – quella del capo cantoniere – comprendeva un alloggio più accogliente, un numero di vani maggiore in modo da destinarli ad uffici, a pronto soccorso, rifugio per viandanti e magazzino per attrezzi e materiali stradali. Ogni casa era dotata del mobilio necessario e rifornita con acqua potabile e impianti per la depurazione biologica delle acque di rifiuto.
Per il secondo gruppo non ci fu tempo e i lavori si bloccarono alla progettazione e sui tavoli dei burocrati. Il parere tecnico del Consiglio di Prefettura della Provincia di Palermo risale, infatti, al 10 Dicembre 1938 ovvero pochi mesi prima dell’annuncio del 20 Luglio 1939 fatto dal Duce agli agrari sulla Colonizzazione del Latifondo Siciliano. Era giunto il tempo di realizzare un’azione più massiva che univa le esperienze della Bonifica Integrale pontina e quelle dell’Istituto Vittorio Emanuele III per il Bonificamento della Sicilia creando non più semplici case ma veri e propri centri di servizio: era giunta l’ora dei borghi rurali siciliani.