BORGO PIANO CAVALIERE

TIPO DI BORGO — c

progettista — Giuseppe Narzisi

data di progetto — 1953

località — c.da piano cavaliere

stato di conservazione — buono

Borgo Piano Cavaliere (in arbëreshë Fusha e Kavaljerit) si trova in territorio di Contessa Entellina e si affaccia sulla ex strada consorziale 30.
Il centro, costruito per iniziativa dell’Ente di Riforma Agraria per la Sicilia (ERAS), fa parte di una rete di borghi rurali e piani di conferimento che avrebbero dovuto scorporare il vasto latifondo. Al 31 dicembre 1951, l’ERAS suddivide nell’isola 64.089ha da affidare agli assegnatari della riforma. Solo nel territorio contessioto, si contano 446.20.15ha ricadenti nelle località Piano Cavaliere, Roccella, Portone, Petraro e Sommacco di proprietà di Letizia Inglese, Carmela, Luisa e Concetta Pecoraro, Elisabetta Valguarnera e Maria Maiorca Mortillaro, cognata dell’esponente della Democrazia Cristiana Franco Restivo, proprietaria di numerosi latifondi. Nei territori di Francavilla di Sicilia, l’ERAS acquista dalla stessa Maiorca Mortillaro centinaia di ettari di terreno e crea un villaggio rurale sparso, identificabile nei sette centri di Schisina, Piano Torre, Morfia, San Giovanni, Monastero Bucceri, Malfitana e Pietrapizzuta.
In base alla Legge 104/1950, viene predisposto, d’intesa con il Consorzio di Bonifica dell’Alto e Medio Belice, un coordinato programma di opere pubbliche che prevede la costruzione di una strada di bonifica, borghi rurali ed un acquedotto per l’alimentazone idrica delle nuove case e dei centri di servizio. I terreni del contessioto vengono suddivisi in 96 lotti dalle caratteristiche e dalle estensioni diverse. Il testo “22 anni di bonifica integrale” riporta che

a Contessa Entellina, nella zona adiacente all'abitato, poichè si presta all'impianto intensivo di fruttiferi, una ventina di lotti saranno di due ettari circa,
nella rimanente parte la superficie attribuita ad ogni lotto è variabile da 3,00 etari ai 5.80.
La diversa ampiezza è naturalmente dovuta alla differente qualità del terreno; si sono fatti più ampi i lotti con terreno mono fertile e si è attribuita ad alcuni lotti parte delle superfici non coltivabili vicine, che, allo stato attuale, rappresentano delle tare.
Si è prevista e tenuta presente la sistemazione idraulico-agraria da applicare a questi terreni e la costruzione di buone mulattiere per il libero accesso ad ogni lotto. L'insediamento rurale è stato previsto in tre gruppi principali, di cui uno vicino allo stradale in costruzione, Contessa Entellina-Belice, un altro nel fondo Portone, ed il terzo presso il casamento Roccella.

L’interesse per il frazionamento del latifondo di Contessa Entellina risale al 1939, quando ancora non ancora emanata la legge 1/1940, alcuni proprietari si propongono per la costruzione di diverse abitazioni per contadini. Tra questi, in un articolo apparso sulle colonne del quotidiano “L’ora” dell’agosto 1939, spicca il nome di Maria Maiorca Mortillaro che ha «volontariamente fatto atto di prontezza per la costruzione di case coloniche» sui propri feudi.
Agli inizi degli anni Quaranta, l’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS) pianifica la realizzazione di un centro rurale in contrada Carrubba, nei pressi dell’omonima masseria. Il progetto per un borgo di tipo C è dell’agosto 1941 e si sarebbe caratterizzato per i servizi essenziali, come scuola e chiesa, in modo del tutto simile al centro in contrada Fiumefreddo, nel catanese. Tuttavia, l’avanzare della guerra blocca i piani e bisogna aspettare il primo dopo guerra perchè qualcosa si muova.
In Sicilia, subito dopo la guerra, si diffondono capillarmente le lotte contadine che scatenano l’occupazione dei feudi per il riconoscimento dei diritti essenziali degli agricoltori. Anche il territorio di Contessa Entellina è coinvolto. Il Partito Comunista Italiano appoggia l’azione delle masse contadine, mentre gli agrari, dal canto loro, percependo l’approssimarsi di una riforma agraria, si mobilitano per evitare l’esproprio dei terreni. In questo modo, tutti i latifondisti di Contessa distribuiscono ai loro eredi porzioni considerevoli di terra ed altre quote vendute a «gabelloti, campieri e burgisi benestanti». L’applicazione della legge del 1950 impone che tutti i feudi superiori ai 200 ettari siano espropriati mentre quelli che coprono più di 100 ettari devono essere convertiti alla coltivazione intensiva. Ai contadini, però, spettano solo strisce di terra poco produttive, mentre gli appezzamenti migliori rimangono nelle mani dei proprietari.
Nonostante alcuni obiettivi ottenuti dal movimento contadino, la legge di riforma favorisce «tutti i tentativi degli agrari di sfuggire all’esproprio», alimentando le scissioni interne tra i lavoratori della terra. È un’azione politica, i cui fili sono mossi da figure come Franco Restivo, alleato con i monarchici e i democristiani, con l’appoggio del Movimento Sociale Italiano. Lo scopo è quello, solo apparentemente riformista, di distribuire la terra al maggior numero possibile di contadini «per tenere lontano il pericolo del comunismo» ma che in realtà frammenta il movimento. E chi sostiene le lotte, ovvero il PCI, non riesce a trasformare questa esperienza in «un’autentica forza rivoluzionaria che avrebbe cambiato radicalmente la struttura del latifondismo» siciliano. E, nonostante i miliardi spesi per attuare la riforma, l’agricoltura che caratterizza le aree interne è rimasta immutata, tanto che «sarebbe più appropriato parlare di riforma fondiaria più che di riforma agraria». Non sono sufficienti le case coloniche, i servizi, la scuola, l’assistenza sanitaria e la corrente elettrica se

la mancanza di credito e sbocchi commerciali, e soprattutto di un'adeguata assistenza tecnica, non [permette] ai nuovi coloni di passare da un'agricoltura di sussistenza a una orientata verso il mercato, obbiettivo che era stato tra i principali della riforma.

Da un lato, ciò determina che i contadini siano costretti a «forme di occupazione precaria», spesso nell’edilizia, e dall’altro lato causa l’emigrazione verso il Nord Italia o all’estero.
Queste sono alcune delle considerazioni che l’antropologo olandese Anton Blok descrive nel 1961, quando arriva a Contessa Entellina per spiegare il contesto sociale e culturale nella Sicilia profonda, riflessioni raccolte nel testo “La mafia di un villaggio siciliano. 1860 – 1960” che potrebbe considerarsi come un affresco paradigmatico e riproducibile anche in altre zone dell’isola dove la riforma agraria, più che un atto di rottura dagli «interessi costituiti, vecchi e nuovi», ha rafforzato il potere e l’integrità dei soliti pochi.
Il territorio di Contessa Entellina ricade nel comprensorio di bonifica dell’Alto e Medio Belice dove, oltre alle opere già realizzate negli anni Quaranta dall’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano, l’Ente di Riforma Agraria per la Sicilia (ERAS) prevede numerosi cantieri. Il 19 ottobre 1952 si avviano le assegnazioni dei terreni alle famiglie di contadini che diventano proprietarie della terra. Fin dall’alba, come riportano le cronanche di quella giornata storica, grandi folle si sono riversate a Piazza Umberto I dove si sono svolte le operazioni di sorteggio. Dopo le assegnazioni, hanno preso parola diverse autorità, arrivate per l’occasione: il Presidente dell’ARS On. Giulio Bonfiglio, l’Assessore Giocchino Germanà, il Prefetto Angelo Vicari, il Commissario dell’Ente Rosario Corona e il Sindaco Lo Jacono. Corona difende a suo modo la legge sulla riforma agraria, ne descrive la portata sociale e parla delle attività dell’ente da lui presieduto; elogia la famiglia Maiorca – Pecoraro che «prima fra tutti offrì la terra» ed annuncia che in breve tempo si darà avvio ai lavori per la costruzione delle case coloniche e di tre borghi così da assicurare «l’assistenza religiosa, scolastica e sanitaria»; si rivolge infine a coloro che non sono stati sorteggiati. «L’applicazione della legge di riforma — dice — proseguirà senza soste […] e poichè nei territori di Contessa parecchie terre dovranno essere ancora distribuite, anch’essi nel prossimo o nei prossimi sorteggi otterranno […], il loro podere». È la volta di Germanà che «esordisce dicendo che la cerimonia […] costituisce la prima tappa della realizzazione della Riforma Agraria in Sicilia, perchè qui l’impegno del Governo e dell’Assemblea Regionale ha trovato piena attuazione». La conclusione dell’Assessore è incentrata sul vasto programma di opere di bonifica e di trasformazione, sostenute dalla Cassa per il Mezzogiorno, e sulla certezza di un aiuto tecnico ai contadini dall’Amministrazione Pubblica. Conclusi i discorsi, molto spesso retorici e autocelebrativi, i contadini si incamminano verso le terre per prenderne possesso. Non solo nel paese arbereshe si è dato avvio al conferimento ma anche a Castronovo, Montemaggiore Belsito e, non a caso, a Francavilla di Sicilia, dove sono stati assegnati i lotti delle contrade Piano Torre II-III, Morfia, Pietrapizzuta, San Giovanni, Malfitana e Monastero Bucceri nei pressi di Borgo Schisina. Danze, colori, volti e speranze che ricordano le cerimonie inaugurali che il 18 dicembre 1940 erano state organizzate dal fascismo per celebrare l’assalto al latifondo. Anche allora le parole e la presenza delle alte cariche dello Stato facevano sperare le masse rurali in una profonda trasformazione che, tuttavia, non fu mai compiuta nemmeno nei decenni successivi.
All’interno del perimetro del Consorzio Alto e Medio Belice si pianificano circa quaranta borghi rurali sia di competenza ERAS che consortile. Al 26 agosto 1955, la situazione all’interno dell’area risulta essere la seguente:

BORGHI DEL CONSORZIO

BORGHI ERAS

Nonostante le parole altisonanti dell’Assessore all’Agricoltura che abbiamo riportato, gli impegni sono stati disattesi e solo una parte ridotta del vasto programma di opere pubbliche su questo territorio è portata a termine. Germanà, però, reputava, certamente non senza pressioni, la zona di Contessa Entellina «fra le più vive e pulsanti», un esempio da seguire anche altrove. Decide, così, di far piantare su queste terre oltre cinquecento tra meli e peri destinati inizialmente all’intera isola, donati alla Sicilia dal Cancelliere Konrad Adenauer come atto di riconoscenza e simpatia per aver ricevuto degli oleandri proprio dall’Assessore. La cerimonia di consegna si è svolta nel gennaio 1955 tra Piano Cavaliere e Borgo Roccella alla presenza di una folla di contadini, delle autorità tedesche, del Vescovo di Piana degli Albanesi Mons. Giuseppe Perniciaro, di alcuni funzionari dell’ERAS, del Sindaco Nicolò Clesi e di Gaspare Bruno, Presidente della Cooperativa Agricola “Contessa Entellina”. 

All’ingegnere Giuseppe Narzisi, già progettista di Borgo Roccella, l’ERAS da incarico per lo studio di un borgo di tipo C in contrada Piano Cavaliere, fulcro del sistema di servizi a disposizione degli assegnatari. Il primo progetto è presentato il 30 maggio 1953 e prevede l’area di fondazione degli edifici a ridosso della Regia Trazzera del Cavaliere del Casalbianco per Poggioreale e Salaparuta. Nel raggio di influenza del nuovo borgo ricade il piano di ripartizione n.4 sui terreni espropriati alla Ditta Pecoraro Carmela fu Antonio maritata Mastrogiacomo. A vincere l’appalto e l’Impresa CEF che si occupa di realizzare le 96 case per contadini nelle diverse contrade coinvolte nell’azione di riforma.
Come spesso accade, però, il primo progetto è annulato. Il 17 novembre 1953, l’Ing. Capo Di Lorenzo del Genio Civile di Palermo con nota n.34560 porta a conoscenza dell’ERAS alcune considerazioni. In primo luogo, l’importo complessivo di 28.350.000Lire definito troppo esoso, oltre a osservare

nei riguardi della scuola che la distribuzione delle finestre che illuminano l'aula non evita una notevole zona di ombra e che non sembra rispettata la proporzione della superficie libera di dette finestre e quella dell'aula. Inoltre, le latrine non risultano orientate verso Nord ed un ambiente per antilatrina e quelli per i lavabi e per la doccia non sono direttamente illuminati. Dal punto di vista economico, non sembra sia stato applicato il criterio della massima economia dichiarato della relazione illustrativa che accompagna il progetto [...]. Si osserva, altresì, che alcuni prezzi unitari appaiono elevati [...]; che nell'elenco dei prezzi sono da depennarsi le voci che non trovano applicazione nei lavori previsti [...] e che non risulta chiarita la provenienza dell'energia elettrica per l'illuminazione, tenuto conto che sono stati previsti gli impianti elettrici interni ai fabbricati. 

In base a quanto disposto, il 10 settembre 1954 è redatta da Narzisi una nuova relazione tecnica la cui spesa per le opere non si discosta molto dal precedente, prevedendo un importo di 27.750.000Lire, di cui 22.570.000Lire per i lavori a base d’asta e 5.180.000Lire per le somme a disposizione dell’Amministrazione.
Borgo Piano Cavaliere, adibito al servizio di 53 case per assegnatari, sorge su 4.439,50mq, compresa un’area di rispetto da sistemare a verde. In relazione ai bisogni della popolazione sparsa e che «verrà ad insediarsi nella zona di influenza del Borgo», il centro comprende due fabbricati per il «disimpegno di alcuni dei più importanti servizi civili»: la chiesa con sacrestia e canonica, del tutto simile al primo progetto, un ampio vano per le celebrazioni delle funzioni religiose, il campanile, la sacrestia con tre locali di cui uno per ufficio, uno per il deposito degli arredi sacri ed uno per l’archivio; la canonica con 5 locali per l’abitazione del parroco e per i servizi. È prevista anche la scuola con alloggio per l’insegnante che comprende un ampio ingresso, un’aula scolastica e due servizi igienici indipendenti e separati per i due sessi. Al primo piano, invece, si trova l’abitazione dell’insegnante composta da una sala soggiorno, una stanza da pranzo, una cucina ed il WC ed un’ampia terrazza.
L’architettura è improntata ad un «senso di arte moderna, pur bandendo, nelle sue linee semplici, ogni decorazione superflua sia all’esterno che all’interno».
Il criterio dell’economia è prevalso anche nella compilazione del progetto, senza nuocere alle buone regole dell’arte costruttiva. Narizisi ha dovuto ridurre al minimo gli sbancamenti e impermeabilizzare l’area della piazza e delle fondazioni a causa della natura argillosa del terreno. Per lo stesso motivo, si è evitata la costruzione di una fognatura per lo smaltimento delle acque bianche, convogliate mediante opere superficiali, e si è limitata la rete interrata alla sola fognatura delle acque nere. Il rifornimento idrico è garantito dall’acquedotto di alimentazione generale di tutta la zona che arriva a Borgo Piano Cavaliere attraverso un collegamento diretto al più vicino pozzetto di presa.
Secondo il Decreto Interassessoriale 2/3597/AGR del primo aprile 1953, che si rifa alle disposizioni del Decreto Interministeriale 11255/1941, con cui si fissano le caratteristiche e la massima spesa consentita per i diversi borghi A, B e C, Borgo Piano Cavaliere risulta essere un centro di servizio anomalo in quanto mancante dell’ambulatorio medico. Con nota del 28 giugno 1961, firmata dal Capo Servizio Ugo Minneci, l’Ente sembra volere risolvere la questione istituendo, appena trovato un locale adatto, il servizio medico dal primo ottobre. Tuttavia, sembra che nulla si sia attuato e che il centro rurale sia rimasto sguarnito di assistenza medica.
Dal quadro riepilogativo stilato dall’ERAS ed aggiornato al 1956, è chiara la cronologia delle opere pubbliche di carattere rurale nel comprensorio contessioto: a quella data, Borgo Pizzillo risulta essere completato, Borgo Piano Cavaliere è in fase di costruzione mentre Borgo Roccella e Castagnola sono soltanto programmati o progettati.
Secondo le ricerche di Calogero Raviotta, già prima della realizzazione dell’edificio religioso, a Borgo Piano Cavaliere vengono celebrate le messe per i residenti. La struttura, però, non è sufficiente ad accogliere i numerosi fedeli della zona e la notizia del costruendo borgo di servizio viene accolta con soddisfazione dall’Arcivescovo Francesco Carpino che il 28 settembre 1953 invia al Presidente dell’ERAS Rosario Corona una lettera in cui si compiace delle nuove opere e si augura che «non si ripetesse l’inconveniente che ella ha rilevato per Borgo Schirò, alla cui parrocchia si è provveduto con un certo ritardo», sperando che l’avvio delle funzioni possa coincidere con l’inaugurazione del borgo stesso. Il 15 maggio 1955, Papas Giuseppe Clesi comincia a celebrare la Santa Messa, seguito nei mesi successivi da altre funzioni.
Borgo Piano Cavaliere ad inizio anni Cinquanta è abitato da circa 500 persone e l’erezione della parrocchia, a prescindere dalle leggi di riforma agraria, «è un’assoluta necessità per un ordinato sviluppo della vita religiosa di quella popolazione». Data la distanza da Contessa Entellina, gli stessi assegnatari «hanno giustamente insistito per l’erezione della parrocchia». Il 17 giugno 1957, il direttore dell’ente Emilio Zanini invia una missiva a Carpino in cui si comunica che l’ERAS concede il «contributo una tantum di 1.300.000Lire per la costituzione della rendita per la creazione della congrua indispensabile per la erezione della parrocchia del borgo». Per assicurare l’assistenza religiosa, l’ERAS con ordinativo 84123/4 del 5 settembre 1957 dispone il versamento alla Curia Arcivescovile di Monreale la somma di 1.300.000Lire per la base della congrua e per le spese di culto. L’8 agosto 1958, l’Arcivescovo Carpino dichiara di assumere l’impegno personale di «provvedere con mezzi estranei alla mensa arcivescovile alla manutenzione e alla ufficiatura della chiesa Maria SS.ma Regina del Mondo, qualora le entrate della detta chiesa dovessero risultare insufficienti per fronteggiare le spese per il culto».
Grazie al DPR n.1226 del 7 dicembre 1958, sulla proposta del Ministro per l’Interno, viene riconosciuto, agli effetti civili, il decreto dell’Ordinario diocesano di Monreale del 28 agosto 1957, integrato con dichiarazione dell’8 agosto 1958, relativo all’erezione della parrocchia di Maria SS.ma Regina del Mondo. Il primo gennaio 1959, Mons. Carpino, desiderando provvedere alle spirituali necessità dei fedeli, elegge e nomina parroco della chiesa di Borgo Piano Cavaliere Don Giuseppe Clesi «della cui scienza, prudenza e probità siamo sicuri per reggere la detta parrocchia e a te consegniamo e assegniamo il predetto beneficio e la chiesa con tutti gli onori e oneri diritti ed emolumenti ad essa pertinenti e spettanti». Il 12 aprile 1959, alla presenza di Mons. Carpino e di alcuni dei testimoni, Don Clesi prende possesso della chiesa del borgo, seguendo un lungo cerimoniale di consegna. Dopo aver letto la bolla di nomina, il nuovo parroco accompagnato dai testimoni si avvicina al presbiterio e, dopo una breve orazione, indossa la cotta (sopravveste bianca lunga sino al ginocchio, con maniche corte e larghe, da indossare sopra la talare. La usano i ministranti o chierichetti, quando servono all’altare, n.d.r) e la divisa parrocchiale. Quindi, salito sull’altare maggiore, Don Clesi bacia la mensa, abbracciato ai due corni dell’Epistola e del Vangelo, tocca la croce e i candelieri appositamente preparati ed infine apre e chiude il tabernacolo. Passato al presbiterio, prende posto nel luogo riservato al parroco per poi recarsi al confessionale. Ultimo atto è quello di suonare la campana maggiore ed infine, presentato al popolo dall’arcivescovo, rivolge ai fedeli il primo discorso in qualità di nuovo parroco. Clesi rimane a centro rurale fino al 1967 quando sarà sostiutio da Papas Gaspare Schirò e poi da Papas Giovanni Borzì in carica fino al 1985.
Al 4 dicembre 1959, il numero di abitanti delle nuove case e degli addetti che lavorano al borgo sale a circa 80 famiglie ovvero 400 persone che qui decidono di stabilirsi e non dover più percorrere le lunghe distanze che li separano dal grosso centro abitato. Forse è il numero più alto di persone presenti a Borgo Piano Cavaliere prima che il terremoto del 1968 svuoti non solo queste aree rurali ma vaste zone delle province di Agrigento, Trapani, Palermo.
Il 22 marzo 1988, l’ESA dispone una relazione sullo stato dei centri rurali del comprensorio di Contessa Entellina. Il documento è redatto dal Dr. Angelo Pitrolo e descrive le condizioni poco prima della consegna dei locali. Si legge:

Consta di quaranta case tutte abitate da assegnatari che vi soggiornano. Esiste una Chiesa con annesso l'edificio scolastico che in atto non viene utilizzato perché la scolaresca, con automezzi posti a disposizione dal Comune di Contessa Entellina, frequenta le scuole del paese. Il fabbricato, per quanto è possibile vedere dall'esterno, sembra in ottime condizioni di manutenzione. Il Borgo è dotato di impianto di illuminazione che non è soggetto a manutenzione; pertanto il Borgo è sistematicamente al buio.

Il 27 settembre 1990, il Consiglio Comunale di Contessa da il via libero per l’acquisizione di Borgo Piano Cavaliere, avvenuta il 25 giugno 1993 con delibera n.505, sottostando alle disposizioni della Legge 890/1942 secondo cui gli edifici e gli impianti di competenza comunale dei borghi devono essere consegnati gratuitamente ai comuni con il vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità.
L’attuale vita del centro rurale è scandita da alcuni abitanti che risiedono qui solo durante l’estate in quelle case che oggi hanno assunto un aspetto molto diverso dall’originale, evitando l’abbandono e il declino.