BORGO DAGALA FONDA

TIPO DI BORGO — A

progettista — Giuseppe Vittorio Ugo

data di progetto — 1954

località — c.da dagala fonda

stato di conservazione — non realizzato

Il numero di borghi rurali costruiti sul territorio siciliano dagli enti pubblici (Ente V.E.III, ECLS, ERAS, Consorzi di Bonifica) è davvero consistente così come lo sono gli altrettanti progetti rimasti su carta. Uno di questi, indicato nel testo del 1937 “Centri Rurali”, prevedeva la realizzazione di un Borgo di tipo grande prossimo alla masseria Antalbo e  ricadente nel comprensorio di bonifica “Delia Nivolelli”. Tra gli altri progetti indicati nel testo di Guido Mangano troviamo anche quelli che saranno poi Borgo Callea, Borgo Lupo e Borgo Guttadauro.
Dopo la seconda guerra mondiale i criteri di classificazione dei comprensori furono modificati per tenere conto delle nuove tematiche settoriali che evidenziavano l’avvenuto completamento del prosciugamento delle zone paludose, l’espansione urbana dei centri abitati su comprensori prima classificati di bonifica idraulica e le nuove norme sulla bonifica montana dettate dalla Regione Siciliana. La bonifica dei territori cosparso delle zone paludose, riguardò i terreni siti nel tratto inferiore del torrente Delia Arena sino al suo sbocco al mare. Il bacino imbrifero, sottoposto ad allagamenti periodici, era di 315kmq, dei quali 190 superiormente alla stretta della Trinità. Il comprensorio della bonifica era di 9146ha. La palude Nivolelli – 70ha – fu restituita interamente all’agricoltura e anche i terreni laterali alle arginature del Delia, già soggetti a continue inondazioni, sono da allora regolarmente coltivati.

Il Piano generale delle opere previsto era:
1) Prosciugamento della Palude Nivolelli con collettori, colatori ed emissario
2) Inalveazione con arginature delle due sponde del torrente Delia, dal passo della Trinità a mare, per uno sviluppo di circa 18km
3) Inalveazione degli affluenti Giardinazzo, Gazzera, Franchina e San Giovanni 
4) Strade di bonifica per uno sviluppo complessivo di 22km, con tre ponti di cemento armato
5) Acquedotto rurale e lavori diversi
Le opere furono eseguite dal Consorzio, sotto la sorveglianza del Genio Civile di Trapani. [per maggiori info visita il blog Mazara Forever, al seguente LINK]
 
Nonostante gli sforzi per migliorare la situazione agricola della zona, il Borgo di località Antalbo non venne mai realizzato, mentre l’ERAS alcuni anni dopo decise di intraprendere la fondazione di Borgo Dagala Fonda, distante solo pochi chilometri in linea d’aria dal primo nucleo rurale pianificato dall’Ente V.E.III.
Durante gli anni Cinquanta la progettazione e la costruzione dei borghi non vedeva più il coinvolgimento di architetti e ingegneri illustri – si preferivano infatti tecnici interni all’Ente – ma nel caso di Dagala Fonda si agì in controtendendenza e si decise di affidare i lavori a Giuseppe Vittorio Ugo, affermato professionista che diede un tocco personale al villaggio rurale. Fu tra gli allievi del celebre architetto Ernesto Basile e, assieme ad altri, continuatore della sua scuola. Tra le sue opere più celebri va ricordato l’Ospedale Ingrassia e il Circolo del Tennis di Palermo oltre ai vari villini liberty costruiti nella borgata marinara di Mondello. Analoga scelta fu fatta per Borgo La Loggia in C.da Grancifone, poco distante dal paese di Palma di Montechiaro (AG), la cui progettazione fu affidata nel 1953 a Salvatore Caronia Roberti, protagonista di primo piano dell’architettura siciliana del ventennio fascista ed allievo anch’egli del Basile e padre di Giuseppe Caronia, progettista insieme a Guido Puleo di Borgo Borzellino.
In base all’applicazione della Legge n. 104 del 27 dicembre 1950 sulla Riforma Agraria, l’ERAS si occupò dello scorporo di 185ha di terreno da trasformare nel P.R. 45 e da suddividere in 56 lotti da assegnare ai lavoratori agricoli, affidando la costruzione di 54 case coloniche all’Impresa I.Co.Ri di Milano con contratto del del 25 marzo 1954 e con la direzione dei lavori del Geom. Giuseppe Lupo, per un importo totale di 156.914.825Lire. Altre 39 case si sarebbe dovute realizzare per una spesa di 135.000.000Lire mentre secondo il piano generale di bonifica all’interno del Consorzio Delia-Nivolelli si sarebbero costruite in totale circa 300 case per 395 famiglie ovvero 1975 unità da insediare stabilmente sul territorio.
Inizialmente ubicato in Contrada Berlingeri, dopo i due sopralluoghi effettuati dal progettista Vittorio Ugo e dai tecnici ERAS si decise di spostare la fondazione del Borgo 3km più a Nord, e «precisamente sull’appezzamento di terreno che fa un fronte nella comunale  Mazara del Vallo – Castelvetrano ed uno a questa quasi normale, sulla strada di Bonifica n.1 del Delia-Nivolelli».
Le valutazioni tecniche inserite nella relazione esecutiva tenevano conto, come spesso accadeva in quegli anni, di una zona di ampliamento per gli alloggi dei coloni che si sarebbero insediati nel tempo.
Il Borgo avrebbe accolto le seguenti strutture nel lotto n.56:
 

• Stazione dei Carabinieri

• Edificio scolastico
• Parrocchia
• Edificio postale
• Trattoria – spaccio – locanda
• Delegazione comunale
• Ambulatorio
• Forno
• Alloggi

Dalla relazione del 21 settembre 1954, si legge che la sistemazione urbanistica della zona fu studiata in modo da creare un Borgo che, pur trovandosi nelle immediate vicinanze di due strade – le consorziali già citate – fosse da queste brevemente distanziato da una zona-filtro a verde affinchè non risentisse degli effetti nocivi del traffico stradale.
Al Borgo Dagala Fonda, sviluppato attorno ad una piazza centrale a forma trapezoidale, così da accentuare il senso prospettico e rendere meno rigido l’ambiente, si sarebbe potuto accedere dalla consorziale Mazara-Castelvetrano che, subito a destra, immetteva nel villaggio.
Seguendo la prassi formale dei borghi rurali, la piazza avrebbe costituito il centro ufficiale della vita, ospitando gli edifici più rappresentativi come la chiesa ed il campanile a dominare il centro abitato. La forma della piazza, oltre che da una ragione estetica, fu dettata dall’opportunità di lasciare davanti la caserma uno spazio che potesse ospitare eventuali veicoli in sosta, al di fuori della carreggiata centrale, ed una zona tranquilla davanti la scuola. L’edificio scolastico, infatti, si sarebbe trovato in una posizione arretrata rispetto alla linea del traffico, in modo che i ragazzi, uscendo non avrebbero corso rischi.
Nella relazione tecnica si può anche leggere la cura per la quiete di Borgo Dagala Fonda: oltre all’alberatura che avrebbe circondato l’intera piazza centrale, si sarebbe prevista anche una zona residenziale, con un tracciato viario che avrebbe lambito solo una parte del centro rurale, evitando in questo modo il continuo transito di macchine e mezzi agricoli.
Gli altri edifici di Borgo Dagala Fonda si disponevano sul lato sinistro della via d’accesso, incontrando in ordine l’ufficio postale, la delegazione municipale e l’ambulatorio. In fondo alla strada, a fare da chiusa prospettica la chiesa con la canonica annessa, in modo similare ai molti borghi fin qui visitati. Alle spalle di questi si sarebbe trovato il forno e la zona di espansione con i vari fabbricati per gli alloggi, dove erano comprese il verde e le aree libere destinate alla vita all’aperto necessaria per la gradevolezza dell’ambiente. Questo dettaglio progettuale fa pensare che Vittorio Ugo conoscesse le indicazioni contenute nel testo del 1937 “Centri Rurali”. Qui, infatti, si poneva l’accento su come fosse necessario curare «la creazione di aree verdi pubbliche a fondo naturale», in relazione alla distribuzione della superficie complessiva occupata dal centro.
L’approvvigionamento idrico era problematico a causa della mancanza di sorgive nella zona che non sarebbero stato sufficienti a soddisfare le necessità del Borgo. L’ERAS avrebbe provveduto alla progettazione di un acquedotto fino alle sorgenti delle località Case Galasi, Torre Grimese e Case Cusumano, distanti circa 3,5km. Il servizio idrico avrebbe dovuto alimentare le case rurali e qualche bevaio, ancora oggi presente  lungo la strada consortile. Nelle previsioni di spesa si annoverava anche la canalizzazione per lo smaltimento delle acque reflue, spesa che non verrà mai accettata e porterà al rifuto del progetto.
Il motivo principale per cui Borgo Dagala Fonda non fu mai realizzato va ricercato nel decreto del primo aprile 1953 Prot. n. 2/3597/AGR che stabiliva una spesa massima per un Borgo B a 180.000.000Lire a totale carico della Regione, mentre l’onere per la costruzione di Dagala Fonda raggiungeva i 217.000.000Lire, cifra che non rispecchiava i dettami imposti dall’Assessorato Agricolture e Foreste e dall’Assessorato per le Finanze. A porre il veto definitivo, fu per il parere negativo del Sottocomitato Tecnico Amministrativo della Riforma Agraria che nel Maggio 1955 considerò il progetto troppo oneroso sia per «l’eccessiva larghezza e dispendio […] sia per il numero dei fabbricati, la loro ampiezza ed il tipo di strutture adoperate; sia per il sistema vario; sia per il doppio sistema di fognature di acque bianche e nere».

Il progetto di Vittorio Ugo avrebbe potuto dare rinnovato slancio e lustro all’architettura pubblica rurale degli anni Cinquanta, troppo spesso anonima e quasi sempre legata a tradizioni superate ed anacronistiche. Nei disegni, ad esempio, risultano interessanti le soluzioni adottate per la caserma dei Carabinieri, posta all’ingresso del Borgo, avente pianta a “V” con una scala triangolare posta nell’angolo acuto della composizione. Di maggior pregio, forse, è la Chiesa a pianta trapezoidale che, posta in fondo alla via d’accesso al Borgo, avrebbe convogliato lo sguardo dei fedeli verso la torre campanaria simbolo del poter religioso, realizzata sul lato corto della struttura.
Dalle tavole originali, si nota come si sarebbe utilizzato il pietrame a faccia vista per intere pareti o parti di esse, rispecchiando le caratteristiche dell’architettura vernacolare. Come fa notare l’Architetto Basiricò nel testo “Architettura e tecnica dei borghi rurali della Sicilia Occidentale” [LINK], gli edifici riprendono «il linguaggio degli edifici INA-Casa e di quelli realizzati in Sicilia negli anni ’50».
Il progetto esecutivo proposto da Ugo fu rielaborato il 29 agosto 1957, «diminuendo il numero delle costruzioni da 11 a 8 modificando la destinazione d’uso di alcuni edifici ma mantenendone la forma planimetrica e l’aspetto esteriore della composizione».
Nell’archivio ESA di Prizzi, è custodito un progetto firmato dall’Ing. Salvatore Lodato dell’Uff. Tecnico Borghi del 27 settembre 1960 in cui si rivisita il progetto originario dell’Ugo e il cui ammontare delle spese scende a 185.000.000Lire contro le iniziali 217.000.000Lire del progetto del 21 settembre 1954.
L’ESA, tramontata la possibilità di realizzare il Borgo, decise di recuperare i progetti, i disegni e le stime riguardanti l’Edificio dell’Ente e quello destinato ad Asilo e Refettorio di Borgo Dagala Fonda per utilizzarli, seppur con qualche modifica, nella costruzione del vicino Borgo Runza.
Oggi, in quella che sarebbe dovuta essere l’area di fondazione del Borgo, si trovano le tipiche abitazioni coloniche che consistevano in una cucina-soggiorno, due camere da letto, servizi igienici, stalla, porcile, pollaio e tettoia, per un totale di circa 100 mq; ad ognuna di esse era annesso, oltre la fienile, anche un’estensione di terreno da adibire ad orto, sufficiente per le necessità di una famiglia rurale.
La disposizione delle case rispecchia le indicazioni che già nel 1942 l’Architetto Caracciolo aveva indicato in “La nuova urbanistica nella bonifica del latifondo siciliano”. Sembra, infatti, guardando le mappe satellitari o IGM, che la disposizione delle abitazioni sia pensata sullo schema proposto dall’Architetto siciliano secondo cui l’insieme della “zona poderile” è costituita da «fabbricati colonici sparsi fra il verde, ai vertici di una ideale maglia di 500m. di lato». Tale organizzazione avrebbe fatto capo ad un centro aziendale che sarebbe dovuto sorgere «ogni 8-10 poderi». Per Caracciolo, quindi, il condensare la vita rurale avrebbe finalmente permesso di superare “i mali dell’urbanesimo” che spesso trascuravano le necessità basilari dei cittadini e ancor più dei contadini. La realtà delle cose, però, è stata molto diversa e la sorte di molti borghi rurali è quella che conosciamo: l’abbandono e il decadimento strutturale.