borgo giovanni ingrao \ tudia

VacuaMoenia.net · Borgo Tudia — Locanda del Landro

a nord la trazzera che va dalla masseria Verbumcaudo, attraverso il vallone Vicaretto, passa alle “Case Vecchia Susafa” e continua fino a quota 793. Da qui il confine scende verso Nord-Est per un tratto e risale a Nord fino al trigonometrico Catuso (quota 1042). Da questo punto si scende a Sud seguendo il confine tra il Comune di Petralia Sottona e Polizzi Generosa. A circa metri 500 a nord di Cozzo Diana la linea abbandona il confine comunale e scende lungo il;torrente del Duca fino all’incrocio della trazzera per Tudia. Risale poi a Nord seguendo questa trazzera per circa un chilometro, volge a est con una linea retta fino al torrente Canalotto che segue per tutto il suo percorso verso Sud fino alla confluenza col Fosso Tudia. Di qua si dirige a est e poi a sud, attraversa la trazzera per Landro e raggiunge la statale numero 20 al Km. 47 presso l’ex locanda Landro. Prosegue sempre verso sud attraverso la località Manche del Landro e passando ad ovest di Serra recattivo raggiunge il costone Filo di Chibbò che segue fino all’incontro di Chibbò Nuovo. Volge ad est seguendo questa fino alla fattoria Chibbò Nuovo; segue poi la strada interpoderale fino a Portella Palermo dove incontra la Provinciale al Km. 11. Segue il tracciato di questa per circa Km. 2 e poi si distacca dirigendosi verso nord-ovest attraversa la contrada Carcazza e Sottana fino all’incontro col Fiume Belici. Risale quest’ultimo per breve tratto e poi volge ad ovest raggiungendo nuovamente la strada provinciale che attraversa il Km.23 circondando la contrada “Piano la Cucca” e ritornando verso est attraversa ancora la provinciale al km.24,500 presso il casello della ferrovia; prosegue poi, attraversando il Belici, per la masseria Belici. Da qui volge ad ovest seguendo una trazzera ancora il fiume Belici e va ad incontrarsi conla ferrovia Palermo Catania, segue il tracciato di questa fino alla confluenza del torrente Vicaretto con il fiume Belice seguendo il torrente fino all’incontro con la trazzera che porta alle “Case Vecchia Susafa”.

oltre che le stazioni di servizio dove l’indispensabile alla vita del contadino vi trova sede, il richiamo spirituale che alla sensibilità schietta e sincera del contadino infonderà un nuovo sentimento di vibrante poesia. Il piccolo ardito campanile della Chiesetta, la torretta della Casa del Fascio, l’antenna della bandiera della scuola, formano l’espressione di una rinnovata concezione spirituale e sociale della vita della stirpe rurale.

Del pari a semplice elevazione saranno la scuola, la casa per le organizzazioni del PNF, l’ambulatorio veterinario. Gli altri fabbricati sono previsti a doppia elevazione.

in definitiva si tratta di un centro rurale del tipo A, cosi come è stato determinato con il Decreto Interministeriale 3 Gennaio 1941 – XIX, e per il quale il limite di spesa a carico dello Stato è stabilito in 2.300.000Lire

Nel 1955 mi sono recato a studiare i feudi di Turrumè e Tudia, vicini a Villalba (siamo ancora nella provincia di Palermo) […]. Vi erano delle persone che abitavano, anche d’inverno, in queste capanne di paglia, le quali hanno delle fondazioni di pietra e terriccio fino ad un metro, mentre sopra sono proprio di paglia; vi erano dei bambini, vi era un desiderio della gente di sopravvivere in quelle circostanze, vi erano persino dei vasi di fiori nelle scatole di conserva, vi era, insomma, una civiltà malgrado la situazione. Abbiamo cominciato a documentare questo fenomeno, che era ignorato; non sapevo, infatti, che in Europa esistessero dei villaggi fatti di paglia. Dopo la prima giornata di lavoro – erano con me degli assistenti sociali, persone anche di valore – siamo tornati a casa; tre o quattro giorni dopo ricevo una telefonata del nostro avvocato […] che chiedeva di parlarmi. Mi sono recato da lui ed egli mi ha informato che era andato a trovarlo il mafioso del feudo di Tudia e gli aveva detto che era consigliabile che io non tornassi più sul luogo in questione. Quando […] sono tornato con alcuni giornalisti e con alcuni fotografi, anche per avere dei testimoni, non ho visto il mafioso, ma i Carabinieri che, non solo ci hanno impedito di continuare il lavoro, ma hanno pure minacciato i giornalisti di togliere loro le macchine fotografiche tanto che, ad un certo momento, siamo stati costretti a rinunciare; soltanto in un altro momento, quasi di sorpresa, siamo riusciti ad andare a scattare le fotografie che ci interessavano. […] Mi ricordo che non so se un appuntato o un brigadiere ci disse che si trattava di una zona di carattere militare e che, quindi, non vi si poteva mettere piede. Ma che quella zona avesse delle particolari esigenze di carattere militare io non l’ho mai saputo

Landro \ Borgo Ingrao \ Tudia [25.8.2018]