borgo Regalmici
Borgo Regalmici sorge in una zona che, fin dai tempi della presenza araba in Sicilia, era considerata ricca e prospera. Raxalxacca, casale arabo vicino Castronovo, era un’area piena di fertilissimi terreni, gremita in epoca romana e bizantina di colonie di agricoltori. I vari villaggi, che costituivano una rete, vennero chiamati “casali”, poi scomparsi dopo la cacciata araba del XIII secolo. ll nome Regalmici deriva da un’antica parola araba che si riferisce al casale di Rakalmincer o Rahalmengili o, ancora, Rakalmigere, cui nome significa “casale di molta importanza per la feracità delle terre”, quindi, casale dell’abbondanza.
Per queste ragioni, la zona fu contesa per secoli tra le famiglie più importanti della Sicilia. Furono varie le controversie tra i paesi di Cammarata e Castronovo per assicurarsi il territorio che, alla fine, venne riconosciuto a quest’ultimo per una necessità topografica di aggregarlo al comune più vicino e più connesso con le vie di comunicazione. Cammarata, difatti, risulta distante e difficilmente raggiungibile anche a causa del corso del fiume Platani. Nonostante ciò, i Cammaratesi vantavano la proprietà della zona da Antonino Talamanca La Grua (1699 – 1761), Marchese Rakalmici di Palermo. Nel capoluogo siciliano, fu realizzato, per suo volere, ciò che i palermitani conosco ancora come “i quattro canti di campagna” contrapposti a quelli di città entro le mura.
Nel 1927, per far fronte alla politica di bonifica integrale voluta dal governo fascista e teorizzata da Arrigo Serpieri ed ancora prima dell’esperienze attuata dall’O.N.C. nell’Agro Pontino, si avvia in Sicilia un programma di opere pubbliche coordinato dal Provveditorato diretto da Pio Calletti.
Grazie ai giornali dell’epoca, si percepisce il grande valore simbolico e propagandistico che ha avuto l’inaugurazione del borgo, avvenuta il 12 aprile del 1927, come riporta la lapide [Incipit Novus Ordo. Anno V. Borgo Recalmigi]. Già il 10, il quotidiano L’ora dedica ampio spazio all’evento sulla cronaca di Palermo. In un’intervista, Calletti afferma che
il sorgere dei Villaggi Agricoli muove anzitutto dalla necessità di favorire e iniziare l’abitazione di popolazioni agricole nelle zone disabitate e suscettibili di essere valorizzate per mezzo di un’attività preminentemente agricola. […] Favorire il popolamento nelle campagne è una questione fondamentale per il possesso agricolo del Mezzogiorno […]. Il cosiddetto Villaggio Agricolo risolve felicemente il problema di costituire nuovi nuclei di abitatori agricoli nelle zone disabitate.
Fino a quel momento gli operai delle imprese avevano trovato alloggio in pagliai, cascine, stalle e in baraccamenti provvisori in legno che, ultimati i lavori, diventavano inservibili. Da tale presupposto, si è deciso di realizzare «un tipo di alloggiamento a struttura muraria di esecuzione facile, rapida e relativamente economica, che richiede limitati trasporti di materiali e che per dimensioni planimetriche si presta ad adattamenti per alloggio di famiglie coloniche di agricoltori». Oltre alle abitazioni, sono previsti alcuni servizi come la delegazione municipale, l’ambulatorio, la scuola, l’alloggio per i Carabinieri di passaggio e un locale per il culto.
Borgo Regalmici, quindi, rappresenta il primo passo verso «quella graduale colonizzazione delle zone disabitate della Sicilia» che qualche anno dopo porterà alla creazione dei primi otto borghi rurali di fondazione e che proseguirà in modo fallimentare per oltre vent’anni dopo la caduta del fascismo.
L’11 aprile arriva al porto di Palermo il Ministro dei Lavori Pubblici Giovanni Giuriati con la nave Argentina. Alla banchina, ad attendere lo sbarco, si trovano diversi politici, rappresentati delle autorità locali, nobili e professionisti arrivati da tutta la provincia. Il giorno dopo alle 4 del mattino e dopo aver percorso tre ore di treno tra «il latifondo [che] appare subito a colui che si interna in Sicilia in tutta la sua spaventosa vastità, in tutta la sua squallida estensione», si giunge alla stazione di Valledolmo. Un viaggio lungo che ha raccolto nelle varie fermate «i fascisti, gli avanguardisti, i balilla di tutti i paesi della provincia e con essi i lavoratori inquadrati nei Sindacati».
Scesi dal treno, il corteo raggiunge a cavallo e a piedi Borgo Regalmici per la festa inaugurale. Dopo circa 5 km si scorgono le nuove costruzioni e sulla piazza centrale i padiglioni adibiti a scuola, spaccio alimentari, caserma e, in fondo una piccola chiesetta. Alla presenza di Cosimo Gioia Miceli, podestà di Valledolmo, del Ministro Giuriati, del “Prefetto di ferro” Cesare Mori, del Provveditore alle Opere Pubbliche Calletti e di altre personalità e contadini dei centri vicini a mezzogiorno prende il via la festa. Circa diecimila persone accorrono e, durante la visita alle case, si susseguono spari di mortaretti e canti patriottici.
Giuriati, conversando con l’On. Ernesto Vassallo, comunica l’intenzione da parte del governo di realizzare in tutte le regioni e soprattutto nel sud questo tipo di villaggi. Al 1927, sono stati già iniziati i lavori per trenta villaggi in Basilicata, venti in Veneto e che allo studio ce ne sono in progetto altri in Sicilia: Borgo Littorio, Borgo Filaga e Borgo Sferro, oltre a quelli non realizzati nelle contrade La Collura, La Gabella e Gerace.
Quando Giuriati e il suo seguito entrano nella chiesetta, benedetta da Mons. Andolina, cala il silenzio tra le stradine e un momento solenne e di raccoglimento pervade il borgo. Finita la funzione, il Cav. Gioia sale su un palchetto realizzato per l’occasione e regala al ministro un fascio di spighe, simbolo del lavoro e dell’operosità dei contadini pronti a «combattere la battaglia del grano e a combattere ed a vincere tutte le altre battaglie avvenire».
Durante il proprio discorso, Giuriati ringrazia il podestà ed esalta il lavoro del governo, nel tipico stile della retorica fascista. Interrotto da applausi e urla «Viva il Duce», Giuriati auspica che «con la creazione di questo villaggio» possa un giorno nascere una nuova città. In una delle case viene quindi servita una colazione a tutti i partecipanti, offerta dall’Impresa dei lavori, prima che il corteo ritorni a Palermo.
I lavori, iniziati nel luglio 1926, sono conclusi in soli cento giorni dalla ICSIS – Impresa Costruzioni Stradali in Sicilia della quale è Consigliere delegato l’Ing. Mario Beer. Borgo Regalmici sorge su un pianoro a quota 620 metri s.l.m. in regione Bocche di Cortellazzo, a metà strada tra la stazione di Cammarata e quella di Valledolmo.
Oggi come allora, le due stazioni, fanno parte rispettivamente della linea Palermo – Agrigento e della Palermo – Catania. Secondo quanto riportato in un articolo dell’11 maggio dalla rivista mensile dell’ASTIS (Associazione Sviluppo Turistico In Sicilia), per la nuova arteria di collegamento furono impiegati più di 400 operai per una spesa complessiva di 5.794.000 Lire.
L’opera rientrava in un progetto ben più ampio: dodici strade che avrebbero dovuto coprire 76.559km, con una spesa complessiva di 28.000.000 Lire. Coevo di Borgo Littorio, Regalmici si differenzia da questo per il maggior numero di fabbricati. Al momento della fondazione, si calcolò che la superficie occupata – comprese strade e piazza – era di circa 6000mq. di cui 1300mq. di superficie coperta.
L’impianto urbanistico è caratterizzato da otto strutture esterne, che ne definiscono il perimetro, e da quattro interne “ad L” che creano la tipica piazza ottagonale adornata, in passato, da una fontana centrale fornita di acqua potabile mediante apposita conduttura. I padiglioni in muratura sono di varia grandezza, tutti a singola elevazione e rispecchiano il modello B pubblicato da Dagoberto Ortensi, capaci di ospitare venti famiglie di coltivatori.
Alcuni sono stati riverniciati pochi anni fa di un colore giallo-ocra. In un uno di questi, come dice Antonio Pennacchi, «c’è scritto VINO da una parte e TAVERNA dall’altra con la enne all’incontrario, la barra rovesciata dei bambini e dei cosiddetti illetterati».
Tutto […], nella campagna, acquista un linguaggio particolarmente semplice e chiaro che non può non riflettersi nell’architettura la quale deve essere semplice e chiara, […], perché la gente che abiterà queste case e si muoverà fra di esse, dovrà sentirsi […] in casa propria, in quanto le forme, i colori, lo spirito delle cose, dovranno essere, […], quelle tra cui è nata e cresciuta
In questo passaggio dell’articolo La nuova architettura rurale in Sicilia, scritto da Luigi Epifanio, in seguito progettista per conto dell’Ente di Colonizzazione Siciliano di Borgo Fazio, si può ritrovare lo spirito e l’atmosfera che tutt’ora si respira a Borgo Regalmici. L’architetto monrealese si riferiva, ovviamente, alla prassi costruttiva che avrebbe contraddistinto in seguito le opere rurali della colonizzazione ma la trasposizione al villaggio operaio è piuttosto calzante.
Giuriati stabilisce a priori i criteri fondamentali del villaggio tipo che deve essere adatto non solo per i lavori di costruzione di strade e ferrovie ma anche per quelli di bonifica, di trasformazione fondiaria e sistemazione idraulica. Altro scopo è quello di «migliorare la distribuzione demografica» delle zone prossime al centro rurale così da invogliare il contadino a vivere presso il proprio campo. Anche se i presupposti ricordano quelli della futura colonizzazione del latifondo nei primi anni Quaranta, c’è una differenza sostanziale: in questa fase si cerca di concentrare i lavoratori agricoli, mentre più avanti si preferirà invece disperderli e tenerli separati nelle case sparse sul territorio così da evitare possibili focolai di dissenso e opposizione.
Regalmici risulta essere tutt’oggi in una posizione centrale rispetto ad una vasta area che comprende i paesi di Alia, Valledolmo, Vallelunga, Villalba, Mussomeli, Acquaviva Platani, Cammarata, S. G. Gemini, Castronovo e Lercara Friddi. Questa sua particolarità, portò l’Istituto Vittorio Emanuele III per il Bonificamento della Sicilia a prevedere una possibile riconversione per uno di quegli “infelicissimi villaggi tipo Ministero LL.PP” come lo stesso Guido Mangano li definisce.
Nella cartina riportata nel volume Centri Rurali, si può notare come la posizione del borgo sia al centro di un’immaginaria poligonale ai cui vertici si trovano i paesi precedentemente citati. A poca distanza da Borgo Regalmici è rappresentato quello che sarebbe dovuto essere il primo “centro rurale” della Sicilia: Poggio Benito. Di questo, però, rimane solo il voto del CTA del Provveditorato alle Opere Pubbliche con adunanza del 6 Dicembre 1937 dove si indicava l’esatta posizione e il numero di strutture e servizi da realizzarsi.
Secondo quanto indicato da Mangano nello stesso testo, era necessario, per favorire l’insediamento stabile sul territorio, la costruzione di centri che potessero offrire servizi basilari come la chiesa, la scuola e «qualsiasi altra manifestazione di vita civile».
Oltre che per queste ragioni, la posizione di Borgo Regalmici risulta essere strategica anche per la prossimità con la Valle del Tumarrano e con l’azienda sperimentale di Sparacìa. Questi elementi danno al Borgo un peso considerevole nell’esperimento colonizzatore del latifondo siciliano attuato da li a breve dall’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano (ECLS). Era possibile, però, avvertire già alcune delle cause del fallimento dell’operazione. Tuttavia, l’11 Novembre 1940 in una nota emanata dal Ministero Agricoltura e Foreste in concerto con il Provveditorato alle Opere Pubbliche della Sicilia si pianifica una serie di opere che l’ECLS si proponeva di progettare durante l’esercizio 1941-1942, «per poterle poi eseguire nell’esercizio successivo».
Ai numeri d’ordine 2 e 6, i lavori riguardano rispettivamente «3 sottoborghi sulla strada del Tumarrano» per un importo di 1.350.000Lire e «l’adattamento del Borgo Regalmici al sottoborgo tipo B» per una spesa di 900.000Lire. L’avanzare degli eventi storici e le contingenze bloccano i lavori e le velleità dell’Ente.
Come fa notare Giovanni Lorenzoni, i borghi sorgevano al centro di aree deserte, senza collegamenti con i grandi centri urbani e con quelli di raccolta e distribuzione dei prodotti agricoli e la mancanza di un reale piano regolatore efficace condannò spesso i borghi all’abbandono.
Oggi, il villaggio rurale si presenta in un stato di conservazione compromesso dal tempo e dall’incuria: una struttura è crollata mentre in cima alla piccola chiesetta, il campanile in ottime condizioni fa immaginare l’utilizzo fino a pochi anni fa. Di certo c’è che il 27 Settembre 1987, un comitato di cittadini, il Sac. Liborio Russotto di Cammarata e l’Arc. Onofrio Scaglione di Castronovo invitarono il Cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo per una visita pastorale presso la piccola chiesetta di San Vito al centro rurale.
Nei manifesti di benvenuto veniva riportato che ad accogliere il prelato sarebbero stati “gli abitanti” del Borgo; dal video, infatti, si nota un nutrito gruppo di persone che fa supporre che almeno fino ai primi anni ’90 le strutture erano ancora abitate e che a Regalmici vi era ancora una vita, seppur minima.
Girando tra le vie del borgo si percepisce un’aria sospesa, dettata dagli oggetti quotidiani all’interno dei caseggiati: mobili, vestiti, valigie, bottiglie di olio, posate e perfino un calendario che riporta la data del 1994 come a voler sottolineare che da quel momento in poi a Regalmici tutto si è definitivamente fermato, nulla è cambiato nonostante tutto.
Non è bastato nemmeno il film “L’uomo delle stelle” del regista Giuseppe Tornatore per restituire interesse e attenzione a questo luogo. Il borgo, infine, sembra rientrare in un progetto della Regione Siciliana che prevede la valorizzazione del patrimonio socioculturale della zona di Regalmici attraverso un museo dei mestieri nei locali della chiesa e la riconversione delle restanti strutture.
Acusticamente Borgo Regalmici possiede una interessante coincidenza nei riguardi di paesaggio visivo e uditivo. Infatti la geofonia del vento, se da un lato rende pressochè impossibile l’esistenza di biofonie, dall’altro lato fa suonare qualsiasi elemento architettonico presente che, come i pezzi di vetro sul bagnasciuga, hanno modulato le loro caratteristiche sulla base di questo agente. Si potrebbe, ipoteticamente e senza esagerare, chiudere gli occhi e sapere esattamente da cosa si è circondati, rendendo particolare il paesaggio sonoro intero del borgo.
Come si evince sopra, il vento è la tonica fondamentale di questo paesaggio, affiancata dall’elemento ‘pale eoliche’ non così forte come altri borghi (probabilmente si può fare un’indagine legata a diverse esposizioni del vento). Segnali principali nell’immaginario acustico sono i legnami: porte, rami secchi, finestre e rispettivi elementi di contorno, come i catenaccia e le giunture. Ad occhi chiusi è impossibile non considerare questi elementi come ‘eventi’ sonori piuttosto che ‘oggetti’, data la loro forte impronta caratteriale che rende di primaria importanza la sorgente.
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